
Nel frattempo cerco informazioni su internet e consigli su come comportarmi. A quanto ho capito, la legislazione in Italia è abbastanza buona per quanto riguarda le donne lavoratrici in gravidanza, che sono tutelate dal Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Non possono essere licenziate, hanno diritto a permessi aggiuntivi, hanno 5 mesi di maternità obbligatoria, più altri mesi a stipendio ridotto, non possono compiere lavori pesanti o a rischio etc etc.
Da alcuni anni, grazie alla circolare INPS numero 137 del 21 dicembre 2007, anche le lavoratrici a progetto (come ero io) e le collaboratrici coordinate e continuative (ma non le lavoratrici che svolgono prestazioni occasionali) hanno diritto ad un'indennità per congedo parentale se iscritte alla Gestione Separata INPS e se hanno versato almeno tre mensilità di contribuzione maggiorata. L'indennità è "pari all'80% di 1/365simo del reddito derivante da lavoro parasubordinato, associazione in partecipazione o da attività libero professionale prodotto nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo indennizzabile". Cioè se, come me, hai lavorato fino a maggio... forse con l'indennità di maternità puoi comprare la prima confezione di pannolini. Però almeno è qualcosa.
Più complicato è invece cercare lavoro. Non ho ancora esperienze personali, ma so da racconti di amiche che nessuno assume una donna incinta. Quindi il consiglio che mi è stato dato è di nascondere la cosa, finché si può.
In soccorso di chi è in questa situazione c'è lo Statuto dei Lavoratori, che all'articolo 8 recita:
Divieto di indagini sulle opinioni.Quindi, candidandosi per un lavoro non a rischio, il fatto che una donna sia incinta non è rilevante e non deve essere comunicato al momento del colloquio. Rientrano nella categoria "non rilevanti" anche domande come "è sposata?" "è fidanzata?" o "pensa di avere figli?" Ovviamente rifiutandosi di rispondere a queste domande si corre il rischio di venire scartate a priori. Ma temo sia inevitabile.
È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.
Infine il già citato Decreto Legislativo del 26 marzo 2001 n. 151, che richiama la legge del 9 dicembre 1977 n. 903, tutela anche l'accesso al lavoro:
Art. 3.In parole povere, potrei anche dire di essere incinta e non dovrei essere discriminata nell'accesso al lavoro. Però, chissà perché, penso che glisserò sull'argomento, al colloquio di domani. Auguratemi buona fortuna!
Divieto di discriminazione. E' vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro indipendentemente dalle modalita' di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale, attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza.