lunedì 19 dicembre 2011

Lo strano Natale della famiglia Vegan

Mio marito mi racconta che in ufficio è diventato il tuttologo delle curiosità sui vegani. D'altra parte ne ha sposata una. Ogni tanto gli arrivano domande sugli argomenti più svariati.
Finché si limitano a "come si sostituisce il burro nei dolci?" o "capisco vegetariano, ma qual è il problema delle uova?", le risposte sono abbastanza semplici. A volte però il campo si allarga e le difficoltà aumentano. La scorsa settimana è arrivato il quesito più bello: "che cosa ne pensano i vegani degli alberi di natale? Meglio di plastica o vero?"
Al di là del fatto che al vegano magari degli alberi non gliene può importare nulla e li brucerebbe tutti (faccio per dire) mi fa sorridere questa idea per cui ci debba essere una soluzione "vegana" a tutti i problemi del mondo. Quindi, fiera di essere diventata una opinion leader, ecco la panoramica del nostro Natale.

L'albero.
Ci abbiamo provato e non ci stava. Proprio da nessuna parte. Il babbo ha proposto di metterlo sul divano, ma mi sono rifiutata, avrei dovuto spostare i questionari del censimento, che già stanno invadendo casa. Alla fine ci siamo arresi all'evidenza. L'abete (di plastica) che aveva addobbato la casa di Torino negli ultimi 5 anni è rimasto in cantina. Al suo posto abbiamo ben due alberi. Il primo è un altro sempreverde, finto. Alto meno di 15 cm, vaso compreso. In bilico sul mobile della televisione, rischia di cascare ogni volta che prendiamo il telecomando. Per fortuna capita di rado.
Il secondo è un pesco giapponese. O cinese (così ha detto mio padre, le mie competenze di arboricultura si fermano alle specie europee). Insomma, una normale pianta da appartamento che è stata spostata dal balcone al salotto perché non soffra troppo per le temperature polari di questo strano inverno. Addobbato come un abete, non sembra nemmeno troppo triste.

I regali.
Sotto l'albero, o meglio, tra i due alberi (nel mobile della televisione) ci sono i regali da fare e quelli ricevuti. Natale di crisi, con un "robino" in arrivo, quest'anno ci siamo limitati al minimo indispensabile. Però ci siamo concessi un regalo alla (nostra) famiglia: una tazza del water a forma di mela, bruco compreso. Per gli altri, regali rigorosamente del commercio equo e solidale, quasi tutti mangerecci. Fa eccezione il regalo della nipotina, su cui sorvolo per non rovinare la sorpresa. Agli amici lontani, un biglietto che arriverà forse per capodanno. Conoscendo le poste, anche dopo la befana.
Per noi, agli amici che l'hanno chiesto, abbiamo fornito l'indirizzo della "lista nascita" che abbiamo creato on line per "Robino". Non saranno sorprese, ma preferisco un regalo utile piuttosto che scartare un oggetto che finirà in un cassetto fino al prossimo trasloco.

Panettone o pandoro?
Il dubbio amletico che divide l'Italia e che molti propongono ai vegani per coglierli in fallo. Per fortuna io sono fortunata. Anzi, tre volte fortunata.
1) il dolce tipico del Natale di Genova è il pandolce, una specie di panettone con l'uvetta, ma più compatto e basso. Si trovano nei negozi anche versioni vegane (con la margarina). Ottimo inzuppato al mattino nel the o nel latte per colazione.
2) a Firenze c'è la pasticceria vegana più buona del mondo: Dolce Vegan. Vuoi che non prepari dolci natalizi già impacchettati, da portare ai parenti?
3) ho scoperto qualche giorno fa che anche in Toscana ci sono dolci tipicamente natalizi con ricetta vegana. Ad esempio i Cavallucci, che definire biscotti è quasi dispregiativo. Una delizia di sapori, tra canditi, noci e uvetta. In alcune versioni è previsto il miele, non in quella attualmente in vendita alla Coop sotto casa. Evviva.

Il pranzo di Natale.
Ormai da anni nella mia famiglia di origine il Natale si festeggia al ristorante. Però al cinese. La compagna di mio padre odia i ristoranti con menu fisso, dove ti siedi a mezzogiorno e il dolce arriva quando ormai da due ore non ce la fai più, fuori sarebbe buio anche se fosse agosto, ma pensi al conto che sta per arrivare e sfidi l'indigestione imminente cercando di far stare nel tuo povero stomaco anche quella fetta di panettone. Non ha tutti i torti. La mia pretesa di un menu veg-compatibile, quindi, al confronto non è così strana. Sfido chiunque a trovare un ristorante aperto il giorno di Natale, che non faccia menu fisso. Provateci e fatemi sapere. In Liguria sembrerebbe impossibile. La soluzione trovata, in tutti questi anni, è il ristorante etnico: menu alla carta e dopo un paio d'ore puoi uscire soddisfatto. E magari fare anche merenda. L'unico problema è che a Savona, tra gli etnici, ci sono solo ristoranti cinesi. In realtà di ristoranti cinesi ce n'è una quantità spropositata: un ristorante ogni 10 savonesi, contando anche i gabbiani. Egiziani, argentini, thailandesi, turchi... vade retro! Ci sono solo ristoranti cinesi. Dopo dieci anni, mio fratello si è ribellato. "Il cinese mi fa schifo!" ha comunicato alla famiglia, lasciando tutti di sasso. Dopo qualche giorno di panico mio padre ha accettato la soluzione che avevo già proposto anni fa: restare sull'etnico ma spostarsi a Genova. All'epoca scartata perché Genova è troppo lontana da Savona (sono 40 km e giuro che non pretendo che li faccia a piedi o in bicicletta) ma davanti alla minaccia di rimanere a digiuno proprio il giorno di natale, alla fine ha ceduto. Quest'anno romperemo la tradizione decennale e andremo all'indiano. Mio fratello suggerisce di telefonare al "nostro" cinese per chiedere scusa per l'assenza.

Natale con i tuoi, e Capodanno?
Capodanno, non c'è dubbio, con gli amici a quattrozampe, evitando i botti che spaventano tutti gli animali, in particolare gli uccelli. Ogni anno sono tantissimi i cani che vengono smarriti perche scappano terrorizzati. Per non parlare dei volatili che perdono l'orientamento.
Alcuni consigli della LAV:

  • non lasciate che i cani affrontino in solitudine le loro paure e togliete ogni oggetto contro il quale, sbattendo, potrebbero procurarsi ferite;
  • evitate di lasciarli all'aperto: la paura fa compiere loro gesti imprevedibili, il primo dei quali è la fuga;
  • non teneteli legati alla catena perché potrebbero strangolarsi;
  • non lasciateli sul balcone perché potrebbero gettarsi nel vuoto;
  • dotateli di tutti gli elementi identificativi possibili (oltre al microchip, medaglietta con un recapito);
  •  se si nascondono in un luogo della casa, lasciateli tranquilli: considerano sicuro il loro rifugio;
  • cercate di minimizzare l'effetto dei botti tenendo accese radio o TV;
  • prestate attenzione anche agli animali in gabbia e non teneteli sui balconi;
  • nei casi di animali anziani, cardiopatici e/o particolarmente sensibili allo stress dei rumori rivolgersi con anticipo al proprio veterinario di fiducia;
  • se l’animale scompare presentate subito una denuncia di smarrimento, e seguire i consigli riportati sul sito LAV alla pagina “cosa fare se…"
Tanti auguri di buone feste a tutti e a tutte! 

lunedì 5 dicembre 2011

Schiena dolente, pancia crescente

La scorsa settimana si è chiusa con una buona notizia: non ho il diabete gestazionale. Non sarebbe stato nulla di particolarmente grave: il diabete gestazionale capita in quasi il 10% delle gravidanze e generalmente non ha implicazioni per il futuro della mamma o del bambino, ma c'è il rischio di eccessiva crescita intra uterina (cioè bimbo che alla nascita è molto grosso) e bisogna tenere sotto controllo l'alimentazione, eliminando i dolci e gran parte della frutta.
In Toscana il controllo del diabete gestazionale si fa attraverso la mini-curva glicemica alla 28a settimana, quando viene misurata la glicemia a digiuno (io ce l'avevo bassa) e poi dopo aver ingurgitato un beverone ultra dolce e aver aspettato un'ora. Se il secondo valore è troppo alto, come nel mio caso, si fa la curva "normale", col doppio di glucosio nel beverone (che a quel punto diventa disgustoso anche per una appassionata di dolciumi come me) e un prelievo dopo una, due e tre ore. Mentre il primo esame può dare falsi positivi, il secondo è solitamente più indicativo, e nel mio caso ha indicato che... non ho il diabete gestazionale! Sospiro di sollievo per le mie papille gustative, che all'idea di passare un natale senza poter mangiare nemmeno una fettina di dolce né i fichi secchi, né i datteri della Palestina del commercio equo e solidale... stavano già piangendo miseria.

Nel frattempo la pancia continua a crescere (non si sa come, dato che i chili più o meno rimangono invariati), "Robino" tira sempre più testate (o culate?) contro le costole (con mia grande gioia, soprattutto quando sto per addormentarmi) e io cerco inutilmente di razionalizzare il fatto che con 8 kg in più, tra l'altro sistemati male (al posto della pancia, non si potrebbe avere uno zainetto?) non posso rincorrere i treni come una volta o cucinare con la pancia sui fornelli (sì, lo ammetto, qualche giorno fa ho rischiato di cuocere Robino. Poi dicono che i comunisti mangiano i bambini, ma cuocerli prima ancora che nascano forse è troppo).

Non essendo riuscita a cuocerlo, ho poi tentato di intossicarlo col peperoncino. Da giorni volevo provare la ricetta della confettura di peperoncini di Nadir. Ho avuto in regalo 200 grammi di peperoncini da un'amica del babbo, che alla consegna aveva avvertito "attenzione perché tra gli altri ce ne sono anche di Habanero, cioè quelli ultra piccantosissimi", ma io niente, imperterrita. Ho comprato 800 grammi di peperoni, anche se fuori stagione. Ieri è stato il gran giorno, ma presa dall'entusiasmo non ho seguito il consiglio: "Per pulire i peperoncini armatevi di guanti usa e getta, le vostre mani ringrazieranno". Risultato: un bruciore insopportabile, da piangere e urlare per tutta la sera. Per le successive 5 ore ho tenuto le mani dentro l'acqua (che si scaldava al ritmo di una bacinella ogni 15 minuti, se troviamo dei volontari disponibili potrebbe essere una fonte energetica ecologica!), poi sono andata a letto tenendo tra le mani un panetto di ghiaccio. Col passare delle ore, e dopo aver superato la notte nonostante le mie previsioni catastrofiste di ieri, la situazione è decisamente migliorata, con un effetto collaterale non da poco: le mie mani che solitamente sfidano la temperatura corporea dei vampiri, oggi raggiungono e forse superano i 36°.
La confettura? Il sapore non è male, ma è super piccantoso: stamattina ne abbiamo assaggiato 1/4 di cucchiaino a testa sul pane, e la bocca è rimasta infuocata per 10 minuti. Il babbo ha calcolato che mangiando questa quantità tutti i giorni, ci metteremo tre anni a finirla (però potrà essere utile se Robino non si decide ad uscire dopo la "data di scadenza", ho letto che il peperoncino stimola il parto)

Nel fine settimana abbiamo comprato i primi pannolini lavabili. Sono 6 prefold Pagù (made in Italy) con una mutandina Imse Vimse, perché il negozio non aveva mutandine della stessa marca. A quanto ho capito girovagando sul web, comunque, la Imse Vimse produce in Svezia, quindi anche se non è proprio a km0 non è poi così male. Nella foto il mio peluche Swiffer (si chiama così perché attira la polvere...) si presta a fare da modello. Ultimamente è vittima dei miei esperimenti con la fascia e da oggi anche con i pannolini, ma nonostante lo strapazzi un po' troppo per un neonato, almeno lui non si lamenta. Quando lo metterò sul seggiolino per provare a sistemarlo in auto, temo che i vicini chiameranno la neuro!

lunedì 21 novembre 2011

My 7 links project. Per una volta incoraggio Sant'Antonio

'Sto poveraccio di Sant'Antonio si prende tutte le volte le mie maledizioni. Appena arriva una delle sue catene, bofonchio tra me e me parole irripetibili con la mano pronta sul tasto "elimina", prima di leggere cosa mi succederà non inoltrando la mail. Ormai mi sono convinta che se non leggo, le sfighe non mi possono raggiungere. Questa però non è una vera e propria catena di Sant'Antonio: nessuna tragedia è in agguato se non si prosegue il gioco. Inoltre è molto carino per andare a riguardare i propri post vecchi. Insomma, tirata in ballo da donatella, eccomi qui per partecipare a questo giochino. Bisogna andare indietro nel tempo (nel mio caso nemmeno poi di tanto, dato che il blog è attivo solo da agosto) e cercare sette post che rispecchino queste definizioni: il più bello, il più utile, il più popolare, quello il cui successo mi ha sorpreso, quello che non ha avuto il successo che si meritava, il più controverso, quello di cui vado più fiera.

1, 2, 3, pronti via! Cominciamo!

Il più bello: Cosa mangiano i vegani?
Comincio con un post auto-ironico. Un'immagine che girava on line e che ho "dovuto" pubblicare, era troppo bella!
Cliccando sull'immagine si vedono meglio i due grafici. Da un lato quello che la gente pensa che mangino i vegani (granaglie, tofu, erba, ?), dall'altro quello che i vegani mangiano veramente, a partire da "avocado" per concludere con "tutto il resto nella versione vegana", passando per pasta, hamburger vegani, pomodori, seitan, quinoa, riso, pizza, patatine, meloni, hummus etc etc.
Anche i commenti che questo post aveva ricevuti erano tutti entusiasti, tutti a dire, tra le risate, quanta ignoranza c'è ancora sulla dieta vegana (no, non veniamo da Vega e no, non mangiamo solo verdure)

Il più utile: L'oggetto che cambia la vita: la Moon Cup
Fino a ieri pensavo che il mio blog sarebbe stato (forse) utile per rassicurare le future mamme sulla possibilità di avere un'alimentazione vegetariana o vegana. Invece, grazie ai riscontri che ho avuto dai commenti, credo che il post più utile sia proprio quello che... è totalmente inutile per le donne in gravidanza! ;-)
La mia esperienza con la Moon Cup ha convinto un po' di amiche-blogger a tentare la sfida. Altre sono rimaste perplesse. Ma sono contenta proprio di questo, intanto è utile pensarci, poi ognuna deciderà!

Il più popolare: Vegana informata
Le classifiche di blogspot parlano chiaro, questo è il post che ha ricevuto più visite, forse anche perché è stato citato da Mammafelice nel suo post sulla gravidanza vegan. Questo mi fa molto piacere perché  credo possa essere utile per tutte le future mamme vegetariane o vegane che decidono di non rinunciare alle proprie scelte alimentari in occasione di una gravidanza. Purtroppo le pressioni da parte di medici generici, dietisti e ginecologi sono tante, ma per fortuna su internet si trovano ormai tantissime informazioni utili per trascorrere in serenità questi nove mesi senza rinunciare ad essere "cruelty free". Ad esempio consiglio il sito della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana e i forum di Informazione Alimentare e Forum Etici

Quello il cui successo mi ha sorpreso: Il nome ai tempi del Grande Fratello
Non avrei mai pensato che il mio gioco sulle nomi-nescio(n) per dare il nome a Robino avrebbe avuto così successo. Tutti pronti con il cellulare in mano, aspettando il mio "via al televoto". Scherzi a parte, mi sono divertita a coinvolgere gli amici della Rete. Alla fine però la decisione sarà tutta nostra... per il momento l'alieno nella pancia continua a chiamarsi "Robino". Il babbo ci prova ogni tanto a chiamarlo con i tre nomi finalisti, per vedere se ne sceglie uno, ma al momento sembra del tutto indifferente.

Quello che non ha avuto il successo che si meritava: Nina, Irene, Shereen e la grande famiglia

Nemmeno un commento per questo post, che risale al giorno successivo l'arrivo di Nina. Peccato perché qui raccontavo di Nina, del vecchio Claus, della gallina Irene adottata a distanza, e della bambina palestinese, Shereen, anche lei adottata a distanza. Insomma della nostra grande famiglia allargata.

Il più controverso: Le "uova vegetali" della Valsoia
In questo post avevo raccontato la mia (brutta) esperienza con le cotolette valsoia surgelate, su cui è indicata la scritta "vegetale" che a mio parere è ingannevole dato che tra gli ingredienti appare il bianco d'uovo. Controverso perché avevo ricevuto un commento anonimo che, senza assolutamente entrare nello specifico del problema posto, scriveva semplicemente che la valsoia è un'ottima marca con prodotti molto buoni. Sospettando una forma di pubblicità nascosta, ho chiesto all'anonimo commentatore di firmarsi e poi, non avendo ricevuto risposta dopo una settimana, ho cancellato il post.

Quello di cui vado più fiera: Colori di genere
Mi ero divertita tantissimo a scrivere questo post, in cui raccontavo le disavventure della povera cagnetta Nina, obbligata a portare un guinzaglio blu, nonostante sia femmina.
Aggiungo ora che, quando qualche giorno fa ho detto che per "Robino" voglio almeno un lenzuolino rosa, ho suscitato il raccapriccio di tutti gli amici.
Sotto sotto siamo tutti un po' razzisti coi colori! (Ma finché si parla di colori dei vestiti e non della pelle ci possiamo scherzare su)





Ora dovrei lanciare la palla ad altri/e sette blogger? Non mi ricordo più chi è già stato coinvolto, eventualmente ditemelo nei commenti.
Ci provo, ma non mi offenderò se qualcuno rinuncia!

Nunzia di Cose di Lino
Isa di Cotto al Vapore
Stella di Creargiocando
Robin di Dove ho visto te
Julie di Il meraviglioso e (im)perfetto mondo di Julie
Serena di Mammavegsere
Silvia di Orsomichele
Marta di Veganswiss

venerdì 18 novembre 2011

L'oggetto che cambia la vita: la Moon Cup

Mi è stato chiesto tra i commenti dello scorso post, e quindi non posso deludere le mie lettrici (sì perché questo post è dedicato unicamente alle lettrici, uomini per favore andate a prendervi un caffè al bar ed evitate risolini imbarazzati). Oggi si parla della Moon Cup.

Devo fare una premessa. Da quando ho 11 anni, le mie mestruazioni sono perfettamente regolari. No, non intendo dire che le ho ogni 28 giorni, anzi. Nemmeno il calendario Maya potrebbe calcolare le tempistiche dei "miei giorni". C'è però un metodo infallibile: le mestruazioni sono regolarmente coincidenti con le vacanze. Non ho mai capito come sia possibile, ma non c'è scampo. Dieci anni di scout, il che vuol dire dieci campi estivi, togliamo i primi due anni (ero lupetta e non le avevo), per otto volte ho avuto le mestruazioni al campo. Campo invernale? Idem. Campeggio con gli amici? Figuriamoci se no. Un weekend in una capitale europea? Non dimenticare gli assorbenti. E non c'è verso: si anticipa o si posticipa la vacanza, le mestruazioni arriveranno una settimana prima o quella dopo. Per anni ho tenuto un pacco formato famiglia nella tasca interna dello zaino, perennemente lì, da riempire nuovamente al ritorno da ogni vacanza.

Nell'estate del 2008 ho sentito parlare per la prima volta della Moon Cup. Ero in giro per Torino con due amiche e una di loro ne aveva sentito parlare a sua volta la sera prima a casa di un'amica, che le aveva consigliato di cercarla nella bottega del commercio equo e solidale. Decidiamo tutte e tre di andare a curiosare, per chiedere maggiori informazioni.

Che cos'è la Moon Cup?
Lo scorso anno avevo scritto un articolo per il giornale on line "Eco dalle città", dal titolo:  La mestruazione eco-compatibile con la coppetta mestruale. Non sto a ripetermi, consiglio di leggere direttamente quello. In sintesi, la Moon cup è un contenitore in silicone da indossare dentro la vagina al posto degli assorbenti. Ogni 6 ore circa (dipende dall'intensità del flusso) si toglie, si svuota, si pulisce e si rimette. Costa circa 30 euro e dura circa 10 anni. Quindi non c'è paragone con gli assorbenti né per quanto riguarda il lato economico né sul fronte ambientale (avete idea di quanti assorbenti si gettano via ogni mese?!)

La mia esperienza con la Moon Cup
Devo dire che il primo impatto non è stato positivo. Anche se ero in partenza per le vacanze (e ovviamente... non devo nemmeno dirlo... qualcuna indovina?) non mi sono fidata a comprarla subito.
Ammetto di non aver mai avuto un ottimo rapporto con le mie "parti basse". Un po' come con il vicino del piano di sotto: so che esiste, ogni tanto dà fastidio (una settimana al mese...), quando ci incontriamo ci salutiamo, ma la cosa finisce lì. In tutta la mia vita avrò messo forse 10 assorbenti interni, potrei quasi calcolare la cifra esatta dato che ho comprato una scatola e ce ne sono ancora dentro.
L'idea di "mettere lì" un oggetto per di più molto più grande di un assorbente interno non mi stuzzicava proprio. E se poi si perde? Se non riesco più a tirarla fuori?

Ho avuto bisogno di qualche mese per interiorizzare meglio il tutto. Nel frattempo ho letto on line i commenti di tante altre utilizzatrici, molto soddisfatte e nessuna che non era più riuscita a tirarla fuori. Anche perché, pensandoci, bisognerebbe avere la vagina di una cavalla, non di una donna...
In inverno mi sono ripresentata alla bottega del commercio equo e l'ho comprata, pensando "alla peggio butto via 30 euro".
Tra il dire e il fare c'è di mezzo una Moon Cup. Il primo inserimento è stato un incubo e mi ha ricordato la prima volta a 16 anni con gli assorbenti interni. Ginocchia piegate, petto in fuori, pancia in dentro, respiro profondo, si piega la Moon Cup, si inserisce e... ahi che male! Riproviamo, respiro profondo, petto in dentro, pancia in fuori e... niente, non ci riesco.
Moon Cup insacchettata, messa in un cassetto del bagno e per 27 giorni (circa) me ne dimentico.
Alla mestruazione successiva ci riprovo e... incredibile. Entra, senza nessun problema. Anzi, la devo mettere e togliere per tre o quattro volte nel giro di poco tempo perché la prima volta è necessario tagliare "il gambo" della misura giusta ed è consigliato di procedere per gradi. E ce la faccio. Miracolo. O forse, semplicemente, ero meno stressata.

Da quel momento comincia un altro rapporto col mio corpo, con le mie mestruazioni... e con le vacanze. Circa un anno dopo, in partenza per il Cairo con il progetto di entrare nella striscia di Gaza (qualche dubbio sull'arrivo delle mestruazioni? No, vero?) mi trovo a dire alla mia coinquilina che un anno prima sarei stata preoccupata al pensiero di dover cambiare l'assorbente in condizioni igienico-sanitarie non ottimali, mentre con la Moon Cup mi sentivo assolutamente tranquilla. Al ritorno la mia coinquilina compra una Moon Cup e, senza nemmeno i problemi iniziali che ho avuto io, mi conferma dopo pochi cicli la bontà dell'acquisto con parole che ricordano quelle usate a suo tempo dalla volontaria della bottega nella sua presentazione: "Mi sono avvicinata alla Moon Cup per una questione ambientale, disposta anche a sacrificare un po' la mia comodità per non contribuire all'inquinamento, ma oggi se per assurdo mi dicessero che inquina più di mille assorbenti risponderei che... pazienza, è comoda e non posso farne a meno!".

Ora da vari mesi non ho più le mestruazioni e non posso dire che mi manchino ;-) Però ogni tanto penso alla mia "Munchi" (come la chiamavamo amichevolmente con la coinquilina) e qualche giorno fa ho realizzato che tra qualche mese (non subito dopo il parto), dovrò comprare la taglia L (la S è consigliata fino ai 30 anni e prima di una gravidanza). Il costo della prima, però, è stato ampiamente ammortizzato nei due anni di utilizzo.
Ma soprattutto ha contribuito a ridurre lo stress in vacanza!

Aggiornamenti:
aggiungo altri post sull'argomento:
I giorni della Luna dal blog "Annaelaneve's Blog"
Mooncup I love you dal blog "Il meraviglioso e (im)perfetto mondo di Julie

martedì 15 novembre 2011

Pannolini lavabili? Sì. Ma quali?

"Robino" ha ormai compiuto -3 mesi, siamo entrati nel terzo trimestre da pochi giorni, e i preparativi si fanno più concitati. In casa ci sono ancora scatoloni in cui inciampare, ma cominciamo già a vedere chiazze sempre più ampie di pavimento. La futura cameretta di "Robino" è al momento un ripostiglio, ma comunque non servirà prima di alcuni mesi. Insomma, ci stiamo preparando.

Fervono i preparativi anche dal punto di vista delle informazioni da raccogliere, gli ultimi due giorni sono stati dedicati ai pannolini lavabili.

Questo non vuole essere un post in cui spiegare i motivi a favore dei pannolini lavabili, altri prima di me ne hanno già parlato esaurientemente. Per maggiori informazioni, consiglio i post su questo argomento nel blog di Claudia (EcoMammaeBimbo), l'esperienza di MammaFelice con il primo figlio su Cotto al Vapore, e gli utilissimi siti pannolinilavabili.info e nonsolociripa.it. Ok, sono convinta della bontà dei pannolini lavabili. E ora?

Sembra facile. Invece la scelta tra pannolini lavabili e usa e getta è solo la prima (e più semplice) che deve fare un futuro genitore che si avvicina all'argomento, perché non c'è solo UN tipo di pannolino lavabile. Per dare solo un'idea della complessità, bisogna scegliere il tipo di pannolino (ci sono tre categorie: tutto in uno, pocket, due pezzi, più alcuni prodotti che stanno a metà tra l'una e l'altra categoria), il materiale (cotone, bamboo, micropile), la taglia (ci sono i "taglia fissa", ideali per bimbi di un determinato peso, e i "taglia unica" che hanno un sistema regolabile per allargarsi durante la crescita), le chiusure (velcro o bottoncini)... Come orientarsi? Il consiglio che ho ricevuto e ho fatto mio è che non esiste "il pannolino perfetto". Inutile comprare pacchi di pannolini dello stesso tipo, perché oggi al bimbo ne andrà meglio uno e domani con le cosciotte più ciccie sarà più adatto un altro, per stare a casa sarà più adeguato un terzo e per uscire coi nonni sarà necessario averne uno di un altro tipo ancora.

Andando a vedere dove sono stati prodotti, ho notato che molti sono, purtroppo "Made in China". Quindi, di fatto, prodotti con sfruttamento del lavoro (salari bassi, nessun diritto sindacale, tante ore di lavoro ogni giorno...) Una delle marche (che non citerò) scrive che i pannolini sono "prodotti eticamente in Cina", ma le risposte alle mie, credo legittime, richieste di chiarimenti sono state troppo vaghe per essere credibili.
Molti altri sono prodotti in Usa, Canada, Australia: il problema qui è diverso e riguarda il trasporto. Col babbo ci siamo chiesti se ha senso far arrivare dall'altra parte del mondo un pannolino che sì, sarà sicuramente più ecologico che un pacco di usa e getta, ma di fatto già nasce "inquinato" da tutti i chilometri percorsi. La nostra risposta è stata che no, non ha senso, soprattutto perché l'alternativa italiana c'è. Anzi, cercando con cura si trovano tantissime marche che producono in Italia. Certo, le materie prime non sempre sono made in Italy (non ho mai visto piantagioni di cotone o di bambù... forse nella pianura padana?), ma quasi sempre lo sono i tessuti e molte marche si impegnano ad avere una filiera trasparente.

Ecco quindi una panoramica dei risultati delle mie ricerche. (Sono certa di non aver citato tutte le possibilità esistenti, ma accetto segnalazioni tra i commenti!)

Bio'n'Happy
Due tipologie di pannolini, entrambe pocket a taglia unica (cioè "dalla nascita al vasino"), una solo per uso diurno e l'altra anche per la notte.
Materiale: cotone bio per l'interno e poliestere o PUL per l'esterno. Inserti in flanella di bamboo. I tessuti sono tutti prodotti in Italia e certificati.
Costo circa 22/23 euro.
Si comprano sul sito biobimbo.it, che vende anche altre marche (non Made in Italy), oltre a wetbags, sacchi nanna, accessori di ogni tipo. Fino a 2 kg il costo è di 8.80 euro. Consegna gratuita oltre 90 euro.

Ecobimbi
Vende pannolini due pezzi composti da una parte assorbente (taglia unica) e una mutandina impermeabile in diverse taglie.
Materiale: cotone naturale non sbiancato per la parte interna. Tessuto tecnico per la mutandina esterna.
Il kit 5 pannolini + 1 mutandina costa 86 euro.
Si comprano sul sito dedicato bottegadeibimbi.it, in cui si possono comprare anche wet bags, retine per secchio e altri accessori.
Spese di spedizione: 10 euro.
Il sito non è chiarissimo e non ho capito come comprare solo le parti interne (che vengono vendute insieme alla mutandina... ma serve una sola mutandina per 5/6 pannolini!)

Ecobu
Pannolino AIO (All in One) che in realtà è un AI2 (tutto in due) perché la mutandina è staccabile. Veste da 3,5 a 16 kg. Con doppia cucitura sulle gambe, chiusure in velcro. Difetto: asciuga lentamente.
Della stessa marca anche wet bags, fasciatoio, copripasseggino etc.
Ci sono anche molti negozi (elenco completo) tra cui uno anche vicino a Firenze (Mariluna). Altrimenti il sito "ufficiale" su cui comprarli è ecopannoli.it  che ha anche tante altre marche (non di produzione italiana) e permette anche di noleggiare i pannolini. Inoltre vende anche stoffe per realizzare in casa i pannolini (se qualcuno sa cucire...).
Spese di spedizione: 6 euro, gratis oltre i 90 euro.

L'infanzia by Chiara
Due tipologie di pannolini, entrambi pocket taglia unica regolabile da 3 a 20 kg, "Trico" e "Zefiro". In particolare il secondo sembra essere molto leggero e adatto per prevenire allergie e dermatiti. Interno in cotone ciniglia/cotone bamboo, inserti in cotone/fibra di bamboo.
Il sito, a mio parere, non è fatto molto bene, ma comunque si possono ordinare i pannolini via mail, con 12 euro di spese di spedizione, gratis oltre i 300 euro.
Per fortuna il negozio vicino a Firenze vende il pannolino "Zefiro" (23 euro)
Italmami
Ha pannolini pocket taglia unica (da 4 a 18 kg) sia con chiusura velcro che con chiusura a bottoncini. In bamboo (22,50 euro) o in micropile (21,50 euro) per un'asciugatura più veloce. Tutti i tessuti sono certificati Oeko-tex e prodotti preferibilmente in Italia o al massimo in paesi confinanti.
Sul sito si possono comprare anche wet bags e altri accessori. Il costo scende all'aumentare del numero di pannolini comprati.
Spedizione con corriere espresso bartolini a 6 euro, gratis oltre 90 euro.


Mammaflò
Ha due tipologie di pannolini: quelli pocket (costo 20,50 euro, in poliestere e micropile, con inserti in bambù o microfibra. Uso diurno) e quelli 2 pezzi in spugna di bambù (interno: 15,80 euro, regolabili) e poliestere (esterno: servono 2 mutandine per taglia) anche per uso notturno.
Ci sono kit scontati (anche con entrambe le tipologie di pannolino).
Spedizione: 8,80 euro.


Pagù 

100% cotone per pannolini prefolds. 2 taglie di inserto (piccola e grande) e 5 taglie di mutandina.
(I prefolds sono particolarmente indicati per i neonati perché, anche se più complicati, si adattano alle piccole misure dei bimbi. Inoltre gli inserti possono essere poi riutilizzati nei pannolini pocket)
Costo: 32 euro per 5 pannolini + 16 euro per 1 mutandina.
Si trovano anche in molti negozi, a Milano, Genova, Bologna e in altre città (elenco completo)
Dal sito si possono comprare kit e pannolini. Spedizione: 6,5 euro.

Tretopini
Tutto quello che è venduto qui è realizzato a mano sul momento da una sarta. Ci sono diverse tipologie di pannolini, tutte pocket, che costano circa 21 euro. E' possibile scegliere le fantasie (bellissime!).
Oltre ai pannolini si possono comprare anche wet bags, assorbenti da donna etc.
Fino a 350 grammi viene mandata una raccomandata. Fino a 7kg un corriere espresso. Consegna gratuita oltre 120 euro.

Conclusioni:
cosa faremo noi? Al momento l'idea è la seguente:
- un po' di prefold  Pagù (5 panni + 1 mutandina neonato), da comprare a Milano quando andiamo a trovare i cugini.
- 1 Ecobu e 1 Zefiro (L'infanzia by Chiara) da comprare nel negozio vicino a Firenze
- 1 Tretopini con fantasia gatti-cani, che non potrà essere usato subito perché veste bimbi dai 4 kg in su, ma è troppo bello (da farci mandare con raccomandata)
- qualche altro pannolino da uno dei siti rimasti (Bio'n'happy, Ecobimbi, Italmami o Mammaflò) E' un vero peccato che non ci siano (o almeno, io non ho trovato) siti che vendano contemporaneamente più di una tra queste marche!

Consigli e suggerimenti?

lunedì 7 novembre 2011

Maternità ieri e oggi

Nel fine settimana, bloccata in casa dalla pioggia (eravamo in Liguria, proprio il fine settimana giusto per beccare in pieno l'alluvione, ma questa è un'altra storia...) ho scovato e letto un libro dei primi anni '70 sulla gravidanza: Avere un figlio - Nove mesi di vita della coppia di Jaqueline Dana e Sylvie Marion (ne ho parlato anche nella pagina dei libri)
Il libro è dei primi anni settanta e non si legge di certo per avere informazioni aggiornate sulle ultime tendenze in fatto di gravidanza e parto, ma per un interesse storico e una curiosità riguardo a come la generazione di mia madre ha vissuto questo momento della propria vita. Leggendolo con gli occhi di oggi, ho trovato alcuni aspetti che reputo positivi, ad esempio un primo embrionale coinvolgimento del padre nella gravidanza e nel parto, o l'attenzione alla donna non solo come futura mamma ma anche come portatrice di propri interessi da continuare a seguire (sport, lavoro, viaggi, hobby etc)
Contemporaneamente però ho letto in questo libro l'inizio di un processo di cui oggi vedo le estreme conseguenze: la medicalizzazione del parto, la promozione dell'allattamento con il biberon, l'accento posto sull'importanza della coppia a scapito del neonato (che, ad esempio, deve dormire fin da subito in un'altra stanza per garantire la privacy dei genitori)
Il primo impatto è stato di rifiuto rispetto a quanto stavo leggendo. Ad esempio ho giudicato in modo negativo le prescrizioni sulla dieta rigidissima da seguire in gravidanza (che sembra più una dieta dimagrante, senza sale né spazio per nessun tipo di concessione...) per non ingrassare più di 8, al massimo 10 kg. Ma andando avanti nella lettura, mi si è accesa una lampadina.
Ho capito che il libro è stato scritto in un periodo di transizione, da un lato posso contestare la piega che hanno preso successivamente gli eventi, ma dall'altro mi ha fatto riflettere che, se non ci fossero stati questi estremi opposti, forse oggi non sarei abbastanza consapevole delle mie future scelte quali ad esempio l'allattamento al seno.
Oggi contesto l'eccessiva medicalizzazione del parto, le troppe ecografie imposte dai ginecologi privati, il fatto che troppo spesso si ricorre al cesareo anche quando non ce ne sarebbe bisogno. E nel libro si consiglia a spada tratta di andare a partorire in ospedale, di effettuare una radiografia intorno all'ottavo mese, di fidarsi ciecamente del medico e delle ostetriche... Sono la prima a dire che sì all'ospedale, ma no ad interventi medici non necessari, che non c'è nulla di male (anzi!) nel parto in casa, che le radiografie fanno rabbrividire solo all'idea e che cambierò la mia ginecologa perché non mi fido... però pensiamoci, cosa c'era "prima"? Oggi non mi preoccupo di morire di parto perché è più probabile finire all'obitorio per una tegola in testa, ma qual era invece la situazione quando non era possibile monitorare eventuali problemi (placenta previa, posizione podalica, diabete gestazionale...)? Sempre mio padre mi ha raccontato che, 16 anni prima di me, alla nascita dei miei fratelli ("fratellastri" non mi piace) lui e la madre si erano trovati in difficoltà perché... non avevano idea che sarebbero nati due gemelli! Oggi una cosa del genere fa ridere.

Anche sul discorso dell'allattamento con il biberon, il libro mi ha fatto riflettere. Non perché mi abbia convinta ;-) Però è vero che prima di quella che è stata chiamata la rivoluzione sessuale la donna era considerata moglie e madre, il suo compito era quello di allevare figli ed essere l'angelo del focolare. Poi il Sessantotto, gli anni Settanta, gli slogan su "il corpo è mio e me lo gestisco io", la possibilità di pianificare le nascite con la diffusione dei contraccettivi. Mia madre non mi ha allattata al seno perché sapeva che dopo qualche mese dalla mia nascita avrebbe partecipato ad un concorso pubblico per diventare dirigente scolastica (all'epoca si diceva ancora "preside"): avrebbe quindi dovuto affrontare un viaggio a Roma, qualche giorno di permanenza in albergo, alcune ore chiusa in una stanza per la prova scritta e poi forse l'orale. Parlandone qualche giorno fa con mio padre, lui continua ad essere convinto della bontà di quella scelta dato che nella sua visione l'alternativa era tra l'allattamento al seno e la realizzazione professionale di mia madre. Trent'anni fa non era pensabile l'idea che il padre si prendesse un paio di giorni di ferie per fare insieme il viaggio, tenere il neonato durante l'esame, chiedere eventualmente che la mamma potesse uscire durante la prova scritta per allattare o ancora dare sì il latte con il biberon, ma quello materno, tirato nei giorni precedenti. Contemporaneamente però credo che sessanta anni fa - la generazione di mia nonna, per capirci - non fosse pensabile l'idea che un marito concedesse alla moglie la possibilità di realizzarsi professionalmente.
Dopo la lettura di questo libro ho realizzato che, a differenza di mia nonna, io scelgo di allattare al seno, anche grazie al gesto - all'epoca forse quasi rivoluzionario - di mia madre e di tutte le donne come lei che avevano scelto di non allattare.

Sono consapevole del fatto che sono ancora pochi i genitori che si ribellano all'attuale medicalizzazione del parto, al consumismo (ad es. i pannolini usa e getta) e alle idee che, a partire dagli anni '70 in poi, ci sono state inculcate da medici e opinione pubblica. Però, forse, senza queste idee, saremmo tutti meno consapevoli, meno protagonisti delle nostre scelte. Forse ne valeva la pena.

mercoledì 2 novembre 2011

Ultima nomi-nescio(n) e classifica finale!

L'unico rimpianto è che non posso dire "stop al televoto!" In queste settimane mi ero immedesimata nella conduttrice dei vari Grandi Fratelli, X-factor, Isole dei (poco) famosi ed è dura affrontare la realtà: anche se tanto voluto da parenti e amici, il televoto non ci sarà.

Questa settimana finisce il grande gioco delle nomi-nescio(n) spiegato nel post "Il nome ai tempi del Grande Fratello": l'ultimo escluso lascia il podio ai tre nomi finalisti. Il prescelto si deciderà più avanti, forse solo quando ci troveremo faccia a faccia col nuovo nato.

Insomma, ci saluta Francesco. Nome molto diffuso in Italia, si colloca primo tra i nati nel 2008/2009, ed è sesto considerando l'intera popolazione italiana. Insomma, un evergreen, che deriva dal latino tardo e medievale, quando indicava l'appartenenza al popolo dei Franchi. La sua diffusione inizia nel Trecento col culto di San Francesco d'Assisi (quello che, prima di Del Piero, parlava agli uccelli). Molti i santi con questo nome, ma anche i personaggi storici (ricordiamo l'imperatore Francesco Giuseppe, marito di Sissi). I filosofi Voltaire (che si chiamava François-Marie Arouet) e Francis Bacon, il pittore Francesco Goya, il poeta Cecco Angolieri, lo scrittore Franz Kafka, il musicista Shubert, il regista Truffaut. Tra i viventi, non posso dimenticare i "miei" cantautori Francesco De Gregori e Francesco Guccini. Insomma, ce n'è per tutti i gusti. Forse troppo. Il rischio di avere due o tre compagni di classe con lo stesso nome è piuttosto alto.

Scacciata la tristezza per l'abbandono di Francesco, squillino le trombe e rullino i tamburi! I tre finalisti sono... in ordine alfabetico:

Andrea!

Leandro!

Valerio!

Andrea ha, come Francesco, il difetto di essere molto diffuso. Soprattutto però, sembra, in Lombardia. Quindi la cosa ci tocca un po' meno. Rimane comunque il 5° nome tra i nati in Toscana nel 2007 e il 4° tra i nati nel 2008/2009. Di Andrea si ricorda il martirio del santo apostolo su una croce obliqua con travi disposte a X, da allora chiamata "croce di S. Andrea". E' un nome utilizzato in tutte le lingue, e nonostante il significato greco di "uomo, guerriero", è usato anche al femminile (e questo è un vantaggio non da poco, nell'eventualità che il ragazzo decida di cambiare sesso) ;-) Gli Andrea famosi sono tantissimi, ricordo solo alcuni tra i miei preferiti: l'autore di fumetti Andrea Pazienza e gli scrittori Andrea Camilleri e Andrea De Carlo. Infine "Andrea" è un personaggio (che dà il nome alla canzone) di Fabrizio De André.

Il nome Leandro è del tutto inaspettato. L'abbiamo trovato nell'elenco iniziale dei 1600 nomi e a me è subito piaciuto. Dopo qualche giorno ho contagiato anche il babbo, tanto che in queste settimane è quasi sempre rimasto in testa nelle nostre classifiche. Nome greco, affermatosi durante il periodo del Romanticismo per la rilettura della vicenda mitologica narrata da Ovidio di Leandro ed Ero (che io non conoscevo, ma che è citata anche nella Divina Commedia!). Leandro, che abitava sulla sponda asiatica dello stretto dei Dardanelli, amava Ero, che stava invece sul lato europeo. Ogni notte raggiungeva l'amata nuotando attraverso il miglio di mare che li separava. Ero per aiutarlo accendeva una lucerna. Una notte una tempesta spense la luce e Leandro disorientato morì tra i flutti. Insomma, una storia romantica e tragica come al giorno d'oggi non ce ne sono più. Il poeta Byron fu talmente colpito dalla storia da volerla verificare attraversando di persona l'Ellesponto a nuoto.
Il significato può essere quello di "uomo-leone" o "uomo calmo" o ancora "uomo del popolo". Un vantaggio del nome Leandro è che in Spagnolo e Portoghese è uguale. Non conosco Leandri famosi, salvo, nella variante "Aleandro" il cantautore Aleandro Baldi.

L'ultimo nome è, nuovamente, un tipico nome latino che riprende il gentilizio Valerius. Tre sono gli imperatori romani che hanno portato il nome Valerio. Di questo stesso periodo storico (anche se uno del primo secolo d.C. e l'altro del primo a.C.) anche i poeti Valerio Flacco e Publio Valerio Catone. Tra i personaggi più recenti, Valerio Bacigalupo, portiere del Grande Torino originario di Savona (oggi lo stadio di Savona è intitolato a lui), l'attore Valerio Mastandrea, lo scrittore Valerio Massimo Manfredi e... lo cito o no Valerio Scanu? Acc, mi è scappato. Valerio è anche il nome del terrorista di estrema destra Fioravanti, ma è bilanciato dal brigatista rosso Valerio Morucci. Ah, il significato è estremamente di buon augurio: di buona salute. E quando c'è la salute, c'è tutto.

Come sarà "Robino"? Avrà più lo sguardo da uomo guerriero? O sarà calmo e tranquillo (ed esperto nuotatore!) Oppure sarà un bambino in salute? Ancora tre mesi e mezzo, prima di saperlo con certezza. Solo allora potrò dire: "Stop al televoto!"

venerdì 28 ottobre 2011

Maternità vs paternità

Premessa: quanto segue è stato detto ridendo. So benissimo che nessuno di noi pensa veramente le cose che ha detto.

Però, dalle mie parti c'è un detto: "Arlecchin, schersandu, u diva a veitè" ("Arlecchino scherzando diceva la verità", ma non sono sicura che si scriva così): quando si parla, anche scherzando, qualcosa di vero c'è sempre.

E poi... abbiamo riso per mezz'ora!


Babbo: "La mia collega A. dice che, se i babbi usufruissero della maternità come le mamme, ogni famiglia avrebbe un solo figlio, perché non è facile star dietro ad un bimbo, agli uomini passa la voglia!"
Io: "Guarda, facciamo così: tu ti prendi i dolori del parto, e io mi assumo tutti i fastidi e le noie del crescere il robino"
Babbo: "Ma non si può fare come sempre, che fai tutto te?"

mercoledì 26 ottobre 2011

Quinta nomi-nescio(n): salutiamo Giulio

Ebbene sì, dopo Claudio ci saluta un altro nome della tradizione classica. Continuano le votazioni per le nomination (come raccontato nel post "Il nome ai tempi del Grande Fratello") ma siamo alle battute finali: la prossima settimana verrà annunciato l'ultimo escluso e proclamati i tre finalisti.
Dopodiché partirà il televoto! Ehm, no... mi ero calata troppo nella parte, il televoto non è previsto...

Insomma, l'escluso di questa settimana è Giulio, che deriva forse dal latino Iulius (della gens da cui discendeva Giulio Cesare) col significato di "sacro a Giove", oppure dal greco "ioulus" che vuol dire "lanugginoso". Tra i personaggi famosi, oltre al savonese papa Giulio II (Giuliano della Rovere) che commissionò a Michelangelo la decorazione della volta della Cappella Sistina, e al già ricordato Giulio Cesare, ricordiamo l'editore Giulio Einaudi, il chimico premio nobel Giulio Natta,  l'attore Giulio Scarpati, lo scrittore Jules Verne. Dimentichiamo invece volentieri due politici dell'attualità recente e passata.

Giulio ha il difetto di non piacere al babbo. Che, effettivamente, non è un difetto da poco. E' però riuscito a rimanere in gara quasi fino all'ultimo.
Chi sarà l'ultimo a lasciarci? La sfida è ancora aperta!

P.S: aggiornata la pagina "Stupidario medico"!

venerdì 21 ottobre 2011

Compleanno all'Ippoasi

Domenica scorsa abbiamo festeggiato un doppio compleanno. Il mio (ma l'età delle signore non si dice! oppure a 31 anni posso considerarmi ancora giovane?) ;-) e quello di Claus. In realtà, non possiamo sapere quando è nato Claus, il cagnotto vecchiotto arrivato in canile intorno ai sei anni e rimasto lì per altrettanti. Il 9 ottobre è la data in cui, tre anni fa, dal canile ne è uscito per approdare a casa mia. Insomma, un regalo di compleanno per me e l'inizio di una nuova vita per lui.

Per festeggiare, abbiamo approfittato della giornata di sole per una gita all'Ippoasi, una fattoria che si trova a Marina di Pisa in cui sono ospitati animali cosiddetti "da reddito" (mucche, cavalli, maiali, galline etc) salvati dalla soppressione. All'Ippoasi è ospitata anche Irene, la gallina che abbiamo adottato a distanza, di cui avevo parlato nel post "Nina, Irene, Shereen e la grande famiglia". 
Mentre Claus rimaneva a dormicchiare in auto, insieme a Nina e a molte altre famiglie interessate, tante con bambini, abbiamo visitato la fattoria.

Gli animali sono quasi tutti liberi all'interno di un recinto molto grande. Alcune eccezioni solo per due cavalli e un pony che purtroppo, a causa della gestione sbagliata negli anni precedenti all'arrivo all'Ippoasi, hanno sviluppato allergie al fieno e che quindi devono rimanere separati dalla zona comune durante la primavera e l'estate (nei maneggi di provenienza sarebbero stati soppressi). Anche le galline e i conigli sono in uno spazio a parte, al riparo dai predatori. Inizialmente la giornata avrebbe dovuto essere dedicata al volontariato per costruire un nuovo recinto per i conigli, ma purtroppo questo è stato rimandato a causa di problemi della struttura (l'associazione che gestisce Ippoasi ha avuto lo sfratto e forse dovrà trovare un'altra sistemazione: se qualcuno ha un terreno da regalare o da affittare a buon si faccia avanti!) All'arrivo dei visitatori, i più curiosi si avvicinano. Quello in foto, se non ricordo male, è Oliver, il primo cavallo che ci viene incontro.

Questa è la mucca Luna, insieme al volontario Christian che ci ha accompagnato nella visita. Le piacciono i "grattini" vicino alle corna e quando viene accontentata fa una faccia appagata per ringraziamento. L'altra mucca che attualmente vive all'Ippoasi si chiama Terra, ma è più paurosa di Luna.
Nella fattoria ci sono due asini, padre e figlio, entrambi molto socievoli. All'inizio avevamo tutti un po' paura a stare dietro ai cavalli e agli asini, perché temevamo potessero scalciare. Invece ci ha spiegato Christian che, così come il "padrone" di un cane sa se il suo quattrozampe morde o no gli estranei, stessa cosa si può dire per i calci degli equini e soltanto uno tra i molti presenti all'Ippoasi è, in questo senso, "pericoloso". Gli altri non scalciano e anzi, quasi tutti adorano essere grattati proprio sopra la coda.
Gli asini erano entrambi molto incuriositi da Nina, che finalmente ha trovato due animali più grossi di lei, che hanno vendicato a musate tutti i cagnolini a cui lei si approccia in modo invadente. Non so se ha capito la lezione (temo di no) però non era granché contenta delle effusioni degli asini, e cercava rifugio dietro alle nostre zamp... ehm, gambe.

Questo è Gorgo, uno dei due maiali (l'altra si chiama Peppa). Il suo nome deriva dall'Isola della Gorgona, dove si trova l'unico carcere aperto d'Italia.  
Peppa invece arriva da un allevamento intensivo, dove le è stata mozzata la coda per evitare episodi di cannibalismo tra maiali, purtroppo frequenti in situazioni di stress estremo. Insomma, invece di eliminare la causa (lo stress degli animali), negli allevamenti si segue la strada più semplice: mozzare la coda o il becco delle galline.
Gorgo è stato il protagonista della copertina del numero di ottobre del giornale Terre di Mezzo, in cui è pubblicata un'inchiesta sul mondo del veganismo a cura del giornalista Lorenzo Guadagnucci (consiglio di cliccare sul link e guardare la foto perché è troppo tenera!).
Gorgo e Peppa, col tempo, hanno scavato una buca sotto un rubinetto dell'acqua, che usano come piscina. Domenica, al termine del bagnetto di fango, Gorgo si è sdraiato ai piedi di una visitatrice, buttandosi giù con un gran tonfo e chiedendo coccole, che non gli sono state negate da tutti i presenti, in particolare i bambini. Chissà se le immagini di questi animali liberi e simpaticissimi torneranno in mente la prossima volta che bimbi e genitori se li ritroveranno nei piatti sotto forma di prosciutti. E' quello che sperano i volontari dell'Ippoasi e infatti durante la visita Christian sottolinea più volte la diversità tra la loro fattoria e quelle "tradizionali", in cui gli animali vengono sfruttati per tutta la vita e uccisi quando non servono più, oppure allevati per essere mangiati, o ancora, come i cavalli da corsa, soppressi quando si fanno male o sono troppo vecchi per partecipare alle gare. Qui l'atmosfera che si respira è totalmente diversa, come si spiegherebbe altrimenti la presenza pacifica all'interno dello stesso spazio di animali più o meno dominanti e di specie diverse? Ad esempio, nel pollaio ci sono 5 galli che convivono pacificamente e sembrano voler sfatare il pregiudizio secondo il quale non ci può essere più di un gallo per ogni pollaio. Ma chi l'ha detto? Se le condizioni di vita sono buone, anche i galli sono tranquilli!

L'animale che Nina ha trovato più simpatico è Peter, una pecora rimasta orfana a 5 giorni e cresciuta in un canile. Peter si crede un cane: ha annusato Nina e ha tentato di giocare con lei. Ma Nina non gioca nemmeno coi cani "veri", quindi temo che Peter sia rimasto deluso dall'incontro. Nina invece era attonita ma incuriosita: un suo simile così diverso dai cani a cui è abituata non l'aveva mai visto, non si incontrano spesso pecore all'area cani!

Gli animali all'Ippoasi hanno uno spazio grande per passeggiare, ma almeno una volta al giorno devono essere stimolati a correre, altrimenti rimarrebbero ad impigrire (come li capisco!). Christian ci ha mostrato il suo metodo per obbligarli a fare un po' di movimento: un sacchetto attaccato ad una scopa fa un rumore fastidioso, che scatena una corsa di tutti. In testa i cavalli da corsa, dietro quelli da tiro insieme agli asini, ultimi le capre e la pecora. I maiali trotterellano per qualche metro e poi si fermano (in una vita precedente devo essere stata un maiale...) Gli altri invece, a seconda della propria natura, fanno uno o più giri intorno al recinto, alla velocità consentita da zampe e muscoli. Le capre, dopo mezzo giro, vanno a tenere compagnia al pony che deve rimanere dentro al recinto, lì si sentono al sicuro e possono tirare il fiato.
Quando il rumore cessa, tutti tornano a mangiare o a farsi coccolare, mostrando che non sono offesi con Christian e che considerano quello che è successo come un esercizio o un gioco.

Prima che me lo chiediate: no, purtroppo il metodo del sacchetto non funziona anche per spingere gli umani a fare sport. Per questo serve una motivazione più forte... accetto consigli! ;-)

La giornata finisce con la visita alla casa in cui stanno i volontari, dove sono ospitati anche alcuni cani, tra cui Trombino e Pompadour (non so chi dei due sia quello in foto), due beagle che vengono da un laboratorio di vivisezione. Vivaci e tenerissimi, chissà se ricordano quello che hanno vissuto.
I loro occhioni ci ricordano che, se loro finalmente sono al sicuro, tanti altri animali sono ancora chiusi nei laboratori o negli allevamenti. Nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa, incominciando a non mangiare prodotti animali né utilizzare cosmetici testati sugli animali, ma anche adottando a distanza uno degli ospiti dell'Ippoasi con una piccola donazione mensile. Su, dai, fate almeno un salto sul sito www.ippoasi.org, non vi costa nulla!

mercoledì 19 ottobre 2011

Quarta nomi-nescio(n): via Claudio, resta Claus ;-)

Continuano le esclusioni per trovare un nome a "robino", come spiegato nel post "Il nome ai tempi del Grande Fratello". Con un po' di ritardo sul programma di marcia (domenica eravamo in Liguria), lunedì scorso la classifica ha visto uscire definitivamente dalla gara il nome "Claudio".

Nome romano (forse di origine sabina) che corrisponde anche a due imperatori (Tiberio Claudio Germanico e Claudio Nerone Cesare Druso), più recentemente è stato portato da artisti nel campo della pittura e della musica: il pittore Claude Monet, i compositori Claudio Monteverdi e Claude Debussy, il direttore d'orchestra Claudio Abbado, i cantautori Claudio Lolli Claudio Baglioni, oltre all'attore comico Claudio Bisio e all'astronomo Claudio Tolomeo.

"Claudio" ha però un grave difetto: la nostra famiglia ha già un cane che si chiama Claus (nella foto, quello più scuro nella cuccia insieme a Nina. Sono teneri, vero? In realtà Nina stava cercando di riconquistare a culate la propria cuccia, occupata "illegalmente" da Claus).
Mi immaginavo la scena, ai giardinetti a gridare  "Claus, vieni qua! No, non tu Claudio, dico al cane..."

Che poi, diciamolo, il significato (zoppo, claudicante) è perfetto per il cane, che ha 16 anni e l'artrite, non si regge sulle zampe dietro e ha bisogno di aiuto per camminare senza cadere ogni pochi passi. Un po' meno di buon auspicio per "robino".

Restano in gara ancora 5 nomi. Alla prossima settimana, per conoscere il penultimo escluso!

giovedì 13 ottobre 2011

Cosa mangiano i vegani?

Mi è arrivata questa immagine ed è troppo bella per non pubblicarla... Ahahah! (il bello - o il brutto - è che è tutto vero, soprattutto l'idea vegano=mangiatore di erba!)

Vado via per il fine settimana, ci risentiamo la prossima settimana!

martedì 11 ottobre 2011

Libri sulla gravidanza

Inauguro oggi una nuova sezione del blog: la pagina dei libri.
Al momento sono presenti tre libri sul tema della gravidanza che ho letto o sto leggendo.

Si tratta di:
- La Tua Gravidanza di settimana in settimana di Lesley Regan
- Mamme Zen di Jacopo Fo e Monica Traglio
Partorire senza paura di Elisabetta Malvagna.

Tra i prossimi libri da comprare/prendere in biblioteca:
- Bebè a costo zero di Giorgia Cozza
- Bésame mucho di Carlos Gonzales

Assolutamente graditi, tra i commenti di questo post o sull'altra pagina, ulteriori consigli sull'argomento!

Visita all'ospedale

La scorsa settimana io e il babbo siamo andati all'incontro di accoglienza coppie e informazioni punto nascita con l'ostetrica e l'anestesista dell'ospedale in cui penso di andare a partorire. Ero quella con la pancina più piccola, un'altra mamma aveva un pancione che occupava più posto di lei e secondo me nel frattempo ha già partorito cinque gemelli. ;-)
Ho preso appunti su tutto, dai consigli su quando arrivare in ospedale (non troppo presto, meglio restare in casa più possibile) alla lista di cose da portare (e ho scoperto che un negozio Prenatal fornisce una lista di cose "assolutamente da comprare per l'ospedale di Ponte a Niccheri"... che è falsa, e la maggior parte delle cose scritte lì non servono a niente). Sembravo una matta invasata con un foglio e una penna tra le mani.

In sintesi:
- l'analgesia (anestetico) non viene fatta di routine, ma solo ad un 10% di parti, spesso per evitare il cesareo.
- l'ospedale aspetta fino alla 42a settimana prima di indurre il parto. Dopo la 40a settimana ci sono vari controlli per verificare la posizione del bimbo e se tutto va bene.
- se il bimbo è podalico, si cerca di rigirarlo con una manovra apposita. Insomma, si cerca di evitare il più possibile il cesareo.
- portarsi da casa merendine, succhi di frutta e tutto quello che si intende mangiare durante il travaglio (a causa dei tagli non danno più nulla, ma non c'è problema a far entrare cibo). Credo che metà della mia borsa sarà utilizzata per contenere tavolette di cioccolato.
- durante il travaglio ci si può muovere, ognuna è incoraggiata a trovare la propria strada. E' disponibile una vasca per il parto in acqua.
- dopo il parto si rimane 2 ore mamma-bimbo-babbo nella stessa stanza a godersi i primi momenti di vita del pupattolo. L'ostetrica si è quasi commossa nel raccontare quante emozioni scaturiscono da queste due ore in intimità (e io mi stavo commuovendo insieme a lei). Ci ha detto che, volendo, potrebbero entrare altre persone, ma lo sconsiglia assolutamente. Il babbo, se vuole, esce, dice che è andato tutto bene, tranquillizza i parenti e rientra da solo.
- anche dopo il cesareo, se tutto va bene, il bimbo viene messo subito a contatto con il corpo della madre.
- è possibile donare il sangue del cordone ombelicale. Per farlo bisogna prenotare nelle settimane precedenti un colloquio con un medico per firmare l'autorizzazione. A questo proposito l'ostetrica ricorda che su questo ci sono vari pensieri pro e contro, ma non evidenze scientifiche.
- in ospedale, se non si firma per le dimissioni immediate, si resta circa 3 gg. Dopo 48 ore c'è uno screening al neonato, col prelievo di una goccia di sangue.
- nei giorni in cui si rimane in ospedale, il bimbo è sempre accanto alla madre. Nelle stanze c'è ancora, retaggio del passato, un vetro dietro cui i piccoli venivano messi durante le visite dei parenti o durante i pasti, ora c'è ancora ma è utilizzato per il motivo opposto, cioè se mamma e bimbo vogliono appartarsi (ci sono delle poltrone).
- le visite di amici e parenti sono consentite ma sconsigliate. Troppa confusione toglie concentrazioni alle madri, in particolare durante l'allattamento. I padri possono stare quanto vogliono di giorno (e sono utili per arginare i parenti in visita) ;-) ma di notte vanno a dormire a casa.
- l'allattamento al seno è consigliato ed incoraggiato. Nel caso di gravi motivi per non allattare al seno, c'è una banca del latte all'interno dell'ospedale, però dev'essere prescritto dal medico.

Ho capito finalmente il senso del cappellino dei neonati, che viene consigliato nelle liste di cose da portare in ospedale. Non mi tornava con l'idea dell'ospedale come un posto in cui, anche in inverno, fa molto caldo. L'ostetrica ha confermato questa idea (infatti sono consigliati vestiti leggeri e niente calzine, una tuta o una giacchetta solo per uscire): il cappellino, insieme ad una sciarpa o scialle, non serve per la temperatura, ma per far stare rannicchiato il bimbo, che è rimasto in un ambiente chiuso e stretto durante gli ultimi mesi e deve essere avvolto e protetto (insomma, soffre di "agorafobia") ;-).

Sono soddisfatta di questa visita, che mi ha confermato l'idea di voler andare in questo ospedale.

Il mio dubbio al momento è sulla donazione del sangue del cordone ombelicale. Sono più per il sì che per il no, ma ancora combattuta.

Pro:
- le cellule staminali contenute nel sangue del cordone ombelicale possono essere trapiantate in malati di leucemia (ovviamente dopo averne controllato la compatibilità) e quindi salvare delle vite;
- pur essendo una donazione pubblica (a fini solidaristici), nel caso servano le cellule per un consanguineo (in particolare fratelli) si ha la priorità;
- sul sangue vengono effettuate ricerche di alterazioni congenite dell'emoglobina e potranno essere effettuati test aggiuntivi per la ricerca di altre malattie genetiche; in caso di esito positivo il risultato viene comunicato.

Contro:
- per la donazione il cordone dev'essere tagliato subito. In realtà, dopo la nascita il cordone ombelicale continuerebbe a pulsare perché la placenta continua il suo lavoro di supporto fino a quando il neonato non è in grado di respirare e di ricevere l'ossigeno dai suoi polmoni e non più dalle arterie ombelicali; il bambino a cui viene reciso subito il cordone è quindi privato della sua fonte di ossigeno ed è costretto a compiere il primo respiro troppo in fretta facendo arrivare bruscamente l'aria nei polmoni;
- il clampaggio precoce del cordone ombelicale priva il neonato di 54-160 ml di sangue (che non è poco);
- l'OMS dichiara "il taglio del cordone ritardato o nessun taglio è la procedura fisiologica, il taglio precoce è una procedura invasiva che deve essere giustificata. Nel parto fisiologico non è giustificata".

Ho/abbiamo ancora tempo per pensarci, sarà ovviamente una decisione condivisa col babbo (i cani non li facciamo partecipare a questa scelta) e intanto cerco di informarmi più che posso. Mi rivolgo quindi alle mamme (e ai babbi) che leggono questo mio blog per avere consigli sulla donazione del sangue del cordone ombelicale: voi cos'avete fatto?

lunedì 10 ottobre 2011

Terza nomi-nescio(n): addio Arturo

Il testa a testa col penultimo in classifica non mi ha permesso di azzardare previsioni prima, ma alla fine non ce l'ha fatta, Arturo lascia la nostra gara per dare un nome a Robino.
Nato da una mia stupidaggine (avevo osservato che avremmo potuto chiamarlo Arturo e poi soprannominarlo "Artù", dato che la figlia di cari amici, che ha un anno più di lui, si chiama Morgana), nelle settimane scorse è tornato prepotentemente alla ribalta, fino ad entrare nella top-nine. L'origine è etrusca (o celtica, su questo ci sono varie ipotesi), è anche il nome di una stella nella costellazione di Boote e tra le persone che portano questo nome c'è il "mio" poeta dell'adolescenza Arthur Rimbaud e lo scrittore Arthur C. Clarke (co-autore di uno dei miei film preferiti: 2001 Odissea nello spazio e scrittore di tanti romanzi di fantascienza che ho letto e apprezzato). Come non citare poi Arthur Conan Doyle, con i romanzi di Sherlock Holmes che tanto mi hanno affascinato?

Però... Arturo è anche il cane protagonista del cartone "Le ricette di Arturo e Kiwi". Avete presente quelli di "con 'sto piatto vai sicuro, te lo dicon Kiwi e Arturo"? Se no, vi conviene andare subito sul canale "on demand" della Rai (attenzione perché dà dipendenza) e farvi delle grasse risate. Simpaticissimi.
E quindi? ... no, dai, "robino" ci avrebbe odiato per sempre!

venerdì 7 ottobre 2011

Il mio blog è CO2 neutral

Grazie a Mammafelice ho scoperto questa iniziativa.

Secondo il Dr. Alexander Wissner-Gross, attivista ambientale e fisico di Harvard, un sito web produce una media di circa 0,02 g di CO2 per ogni visita. Assumendo 15.000 pagine visite al mese (ehm ehm... magari!!!) questo si traduce in 3,6 kg di CO2 l'anno.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) calcola che un albero assorbe ogni anno dai 5 ai 10kg di CO2, e vive circa 50 anni
Quindi piantando un albero posso compensare (abbondantemente) la produzione di CO2 del mio blog.



L'iniziativa è sponsorizzata da Doveconviene che, in associazione con iplantatree, garantisce che per ogni blog che aderisce (gratuitamente) venga piantato un albero in zone sottoposte a progetti di riforestazione.

Doveconviene.it riunisce e digitalizza i volantini di molte catene della grande distribuzione permettendo all’utente di avere tutte le informazioni sempre e ovunque a disposizione, inoltre ha sviluppato un'applicazione smartphone dalla quale è possibile accedere a diverse informazioni sulle catene commerciali e sfogliare i volantini direttamente sul cellulare.
In questo modo, Doveconviene.it, si dimostra amico dell’ambiente perché scoraggia l’utilizzo e lo spreco di carta ed aiuta il blogger più sensibili a dare il loro contributo nella tutela dell’ambiente.

Per maggiori dettagli sui progetti di riforestazione si può visitare il sito: http://www.iplantatree.org/project/7