lunedì 23 gennaio 2012

E se la mucca è tenuta bene? Qualche calcolo per il "latte animalista"

Aggiornamento del 29/08/2012
Considerate le numerose visite e i commenti che sta ricevendo questo post, penso sia doverosa una precisazione. Quello che segue NON è un saggio di zootecnica, ma un racconto ironico e paradossale.
La "morale" di questa sorta di spiegazione NON è che i vegani possono bere il latte. Il "latte animalista" del titolo è volutamente tra virgolette, perché - in quanto vegana - sono convinta che l'unico latte animalista sia quello della mamma per il proprio figlio e che mungere una mucca sia in ogni caso uno sfruttamento.
Buona lettura!


Di domenica, si sa, ci si riposa, si fanno le pulizie in casa, si terminano tutti i lavoretti che non si sono finiti durante la settimana. Questo nelle famiglie normali. Ma, ormai l'avrete capito, la nostra non è una famiglia normale. In un momento di relax, io e il Babbo ci siamo messi a risolvere un problema aritmetico / animalista che ci attanagliava da qualche tempo.

Tra le domande che i vegani si sentono porre, ce ne sono alcune che non sono poi così assurde, ad esempio: "Se tu hai una mucca, la tieni nel migliore dei modi e non la uccidi, che male c'è a prenderle un po' di latte?" L'antispecista risponderà che si tratta comunque di uno sfruttamento da parte dell'essere umano su un animale e... per questo vi rimando ad altri siti che spiegheranno molto meglio di me la questione. Quello che interessava a noi era capire quanto è sostenibile tenere nel migliore dei modi una mucca per ricavarne il latte. Interessa? Tranquilli, una volta che il problema è impostato, i calcoli sono piuttosto semplici.

Partiamo da un concetto che dev'essere chiaro: la mucca non produce il latte "gratis": come tutti i mammiferi per farlo deve avere un figlio. Negli allevamenti viene continuamente ingravidata (con l'inseminazione artificiale) e il vitellino viene separato dalla madre dopo poco. Questo avviene per circa 6-7 anni, poi la mucca comincia a produrre sempre meno latte e quindi viene portata al macello. In natura vivrebbe oltre 30 anni.

Consideriamo ora il nostro "allevamento modello", con una mucca "tenuta bene", che non viene uccisa, né lo sono i suoi figli. Per semplificare, abbiamo arrotondato tutto all'unità di misura di un anno: un vitello arriva a maturità sessuale a 2 anni, la gravidanza dura un anno e l'allattamento dura un anno (nella realtà sono 10 mesi). A 15 anni mandiamo in pensione la nostra mucca. Nella nostra semplificazione, tutte le mucche vivono fino a 30 anni e poi muoiono naturalmente.
Il primo anno, quindi, avremo una vitella e la manteniamo "a sbafo", senza produrre latte. Il secondo anno la nostra vitella è cresciuta, ma ancora è piccola e non è arrivata a maturità sessuale. Il terzo anno rimane incinta (una scappatella?) e ovviamente durante la gravidanza non produrrà latte. Finalmente siamo all'inizio del quarto anno, è nato un vitellino, e noi possiamo bere il primo bicchiere di latte dalla nostra mucca "tenuta bene". La nostra mucca è così felice che... rimane incinta appena nato il primo figlio, continuando a produrre latte, col risultato che l'anno dopo, quando il vitellino è svezzato, nascerà un secondo vitello senza interrompere la produzione di latte. (Ecco, qui ho dei dubbi che la mucca sia proprio "tenuta bene", ma stiamo facendo un calcolo teorico e quindi non focalizziamoci troppo su questi dettagli). Siamo dunque al quinto anno, abbiamo una mucca che produce il latte per un vitellino e un po' anche per noi, e una "mucchina" che ovviamente non uccidiamo e teniamo al pascolo. L'anno successivo la nostra grande famiglia si arricchisce di un nuovo nato, continuiamo ad avere una mucca che produce latte, ma ora sono tre (un vitello, una mucca e una "mucchina") gli animali che ci gironzolano per casa senza essere produttivi. Attenzione, da questo momento (dato che siamo "buoni" e non vogliamo sfruttare troppo la nostra mucca iniziale) se nelle tornate precedenti sono nate mucche femmine, possiamo far sì che la mucca che produce il latte non sia sempre la stessa, ma a rotazione un anno per ognuna. Se sono nati tori, invece, ci conviene rinforzare le staccionate.
Tornando al nostro calcolo, con una mucca che ogni anno fa nascere un vitello e produce latte (per il figlio e un po' anche per noi) ma senza uccidere nessuno, avremo l'incremento di un animale l'anno. Dopo 29 anni siamo arrivati ad avere 27 animali, di cui una produttiva e gli altri 26 "mangiapane ad ufo". Finalmente (anche se ci eravamo affezionati) dopo 30 anni la nostra prima mucca muore, e così sarà per ogni anno successivo dopo il 30°, quindi ci attestiamo sulla cifra non più crescente di 27 mucche per avere qualche litro di latte al giorno. E' sostenibile?

Qualcuno ora potrebbe dire: hai tante mucche e ne rendi produttiva una soltanto? Perché non tutte? Proviamoci. Lasciando invariate le premesse, facciamo un'ulteriore ipotesi semplificativa: tutte le mucche partoriscono solo mucche femmine. A loro volta ogni vitella, dopo 2 anni, raggiunta la maturità sessuale, resta incinta e comincia a produrre latte. Vi risparmio i calcoli, fidatevi. Dopo 10 anni abbiamo 15 mucche. Dopo 20 abbiamo un numero satanico di mucche: 666. Al trentesimo anno, quando "finalmente" la nostra matriarca muore, siamo a 29133 mucche. Alla soglia del 60° anno saremo arrivati alla cifra invidiabile di 1 milardo e 665 milioni di mucche. Forse sono un po' troppe per un solo allevamento, che dite?

In conclusione, siamo partiti dalla domanda sbagliata, non "se tu hai una mucca, la tieni nel migliore dei modi e non la uccidi, che male c'è a prenderle un po' di latte?", bensì "se tu hai VENTISETTE mucche..."! Tralasciando tutti gli altri discorsi animalisti e antispecisti, se siamo interessati alla sostenibilità ambientale e alla diminuzione della sofferenza degli animali, dovremmo almeno ridurre i nostri consumi di latte di 1/27. Quindi la risposta alla domanda qui sopra è: sì, se hai un appezzamento di terreno abbastanza grande e puoi mantenere 27 mucche, puoi permetterti un bicchiere di latte al mese. Che costerà - più o meno - come un bicchiere di Barolo. Cin cin!

ATTENZIONE - non commentate come anonimi. Tutti i commenti non firmati verranno cancellati. Mi sembra corretto presentarsi, per confrontarsi sullo stesso piano.

martedì 17 gennaio 2012

Aspettando Robino


Il widget qui sotto mi ricorda che manca meno di un mese alla data presunta del parto. O meglio, manca "un febbraio", cioè 28 giorni. Anzi, nemmeno, dato che quest'anno è bisestile. Considerando però che potrebbe nascere anche 15 giorni prima, la data si avvicina.
Se già col post precedente vi raccontavo di come fervono i preparativi, potete immaginare come in casa le cose non possano essere altro che peggiorate.
Ieri abbiamo provato la culla, che non è altro che la carrozzina del trio. Ero convinta che mancasse il materasso, invece dev'essere proprio così: i neonati dormono con un materasso sottilissimo e niente cuscino. Nella foto qui accanto, Swiffer in un sacco nanna, prova la comodità della culla.

In questi giorni, abbiamo cominciato anche a definire meglio la scorta di pannolini. Per l'ospedale e i primi giorni ci siamo orientati sugli usa-e getta Ecowip, che sono biodegradabili. Prodotti a Prato, vengono venduti anche pacchi da 120 di "seconda scelta" ad un prezzo decisamente conveniente. Consigliati da un amico neo-genitore, ne abbiamo subito approfittato.
Aumenta intanto la nostra scorta di lavabili. Nelle foto qui sotto il babbo si esercita coi ciripà: prima il pannolino di cotone... poi la mutandina...
... ed ecco Swiffer perfettamente pannolinato. Proprio perfettamente no... il cotone avrebbe dovuto rimanere all'interno della mutandina... ma per essere la prima volta, direi che è un successone, io non avrei saputo fare di meglio!

Oltre ai ciripà, ci siamo fatti tentare dagli Ecobu, produzione italiana di pannolini pocket in bambù. E' una fibra tessile molto particolare, soffice, che ha come unico difetto il tempo di asciugatura, che è  piuttosto elevato, ma a quanto sembra ha ottime proprietà assorbenti. Dopo il primo lavaggio effettivamente l'inserto ci ha messo un'intera giornata SOPRA il termosifone, prima di asciugarsi.

Nelle foto qui sotto il babbo si esercita anche con questo pannolino. Prima mette un inserto dentro l'altro, poi tutto dentro la mutandina, adagia Bella (la pecora... giuro che ha più anni di Twilight e non si chiama così in onore dell'aspirante vampira ma perché, come tutte le pecore, beeeela!) e chiude la mutandina.



Ed ecco anche Bella, vestita di tutto punto. Spero però che Robino non sia mai così ciccione e deforme!

Abbiamo anche provato a sistemare il seggiolino sull'auto, che come si può vedere dalle foto è una capiente Seicento. Siamo effettivamente un po' preoccupati all'idea di stivare due adulti, un Robino e due cani in cotanta automobile, ma al momento cerchiamo di resistere alle facili battute degli amici che ci consigliano di cambiare auto. Intanto abbiamo verificato che il seggiolino ci sta, e il sistema di ancoraggio è anche piuttosto semplice. Ce la possiamo fare.


Le ultime due fotografie sono per illustrare due delle mie recenti autoproduzioni.


Qui a sinistra, Bella mostra un bavaglino realizzato riciclando una tovaglia impermeabile e un asciugamano ormai quasi morente. Devo ancora mettere un bottoncino o un velcro, ma direi che il più è fatto. Ovviamente non ci baseremo solo su bavaglini autoprodotti (sembra che le bave dei neonati siano corrosive peggio che quelle dei mostri dei film di fantascienza), ma ho sempre ammirato le mamme che in rete postano le loro creazioni, e partire da questo mi sembrava la strada più semplice.

Al momento è in fase di realizzazione un sacco-nanna in pile, che però credo verrà usato tra qualche mese (la dimensione è da marcantonio, non da neonato... avrò scaricato il tutorial per realizzare un sacco a pelo da campeggio per scaricatori di porto invece che un sacco nanna?) Swiffer dentro ci naviga, Robino chissà.

Qui a destra c'è mio cugino con un mei tai contenente Bella. Anche questa è una mia autoproduzione, che segue il modello illustrato sul blog di Mamma Canguro. Il materiale è tutto riciclato: una stoffa pesante per l'esterno (credo che in origine fosse un copriletto) e un pile leggero per l'interno (in origine era una coperta regalata ehm... da una compagnia aerea).
Anche qui, per non sbagliarmi, la taglia è per un bimbo cresciutello e non per un neonato, per questo motivo ho regalato questo primo esperimento ad amici che hanno una figlia di quasi un anno. Se l'esperimento andrà a buon fine, proverò a ripeterlo con materiali più leggeri, per l'estate.

Infine mi sono data alle scatole. Per romperle, a quanto dicono il babbo e gli amici intimi, ero già una professionista. Il salto di qualità è invece rifasciarle. Dopo il trasloco sono rimaste alcune scatole piccole, con coperchio, che sono perfette per contenere i pannolini, i vestitini, i giochini, i cosini... insomma, tutte le cose in -ini di Robini... ehm, Robino. Unico difetto: sono brutte. Spazio alla fantasia e alla creatività, ne ho ricoperta una con la stoffa ricavata da una vecchia camicia del babbo, la seconda con una vecchia tovaglia impermeabile e la terza è in fase di lavorazione perché... è finita la colla! Ho implorato la cartolaia di farsi arrivare una confezione formato famiglia di vinavil prima che mi passi la vena creativa (e che nasca Robino), ma devo pazientare tutta la settimana.
Dato che il lavoro per il censimento non è ancora finito, dirotterò la mia creatività sulla revisione dei questionari, i risultati potrebbero essere esilaranti!

giovedì 5 gennaio 2012

Centra il buco, non il bruco!

Post veloce veloce perché in questi giorni ho troppe cose da fare, forse sta arrivando quella che viene chiamata la "sindrome del nido", quando la mamma sente l'urgenza di preparare la casa per l'arrivo del nascituro. Che nel mio caso significa spostare da una stanza all'altra i vestitini prestati dagli amici, dividerli per tipologie e taglie, montare un'anta di un mobile Ikea in camera di Robino, scrivere interminabili liste di cose da fare che poi puntualmente non faccio etc.

Una parentesi sui vestitini: capisco che non si possano uniformare le indicazioni delle taglie, ma perché i produttori si ostinano a mettere etichette con su scritto "1 mese", "3 mesi" che sono totalmente casuali? Considerando normale un  peso alla nascita da 2,5 a 4 kg non  sarà facile etichettare, ma trovare tutine da 3 mesi più piccole di quelle da 1 mese fa girare la testa anche alle future mamme mentalmente più stabili di me.

Solo un aggiornamento su Robino: l'ecografia del 30 dicembre ha mostrato ancora una volta la sua ritrosia nel voler farsi fotografare (l'ecografista per fortuna era giovane e gentile nonostante abbia faticato non poco e abbia poi dovuto lavorare in una posizione assai scomoda). Robino è già in posizione cefalica e speriamo che ci resti, è cresciuto molto e ora si colloca al 90° percentile, il che - se ho capito bene - vuol dire che il 90% dei bimbi della stessa "età" sono più piccoli di lui. Peso stimato (+ o - 15%) è di 2.700 grammi. Se continua così, nasce un ciccione di 5 kg. Qualcuno avrà comunque il coraggio di dire che i bambini vegani sono piccini.

Infine, la foto qui accanto è per accontentare Herby (ma sono sicura che non sia l'unica curiosa!) che voleva vedere la tazza del water che io e il babbo ci siamo regalati per Natale. Gli ospiti che sono venuti a trovarci durante le vacanze hanno confessato che le prime volte sono stati un po' a disagio nel fare i propri bisogni sentendosi osservati da Bruco e Coccinella, ma noi siamo già abituati ad ignorare le occhiate torve, impietosenti, pazze, accigliate, coccolone dei cani, specialmente quando vengono ad implorare cibo mentre siamo a tavola. E comunque, per un tocco di colore in una stanza fredda (e bianca... come raccontavo nel post "Colori di genere" a me non piace il bianco) si possono sopportare le occhiate degli insettini.
L'importante è centrare il buco e non il bruco!