mercoledì 28 settembre 2011

L'Italia non è un Paese per (future) mamme


Su questo blog ho sempre cercato di raccontare la mia vita e quello che mi sta accadendo in modo scherzoso e ironico. Oggi no, scusate lo sfogo, ma la telefonata di poco fa mi ha lasciato l'amaro in bocca... e l'umido sulle guance.

Sono tra i 20 rilevatori per il Censimento della Popolazione di un comune vicino a Firenze, Bagno a Ripoli. Il censimento partirà il 9 ottobre e continuerà fino al 31 gennaio. La paga non si sa ancora, ma circa 2000/2500 euro lordi. Non è un granché, ma almeno porto due lire a casa.
Al corso (di due giorni) ci viene comunicato che 17 persone saranno in giro casa per casa per il rilevamento "sul campo", mentre 3 staranno negli uffici dislocati per il comune, per ricevere i cittadini che portano direttamente il proprio questionario, aiutare nella compilazione, rispondere alle domande, inserire i dati. Un lavoro pagato meno e con degli orari fissi (circa 5 ore al giorno), ma seduti ad una scrivania. Insomma, sembrerebbe fatto per me. Viene chiesto di mandare una mail per dare la propria disponibilità, "in caso di più persone disponibili a svolgere questo ruolo o di mancata candidatura l'ufficio provvederà ad estrazione."
Alla fine del corso, mi avvicino alla responsabile e le chiedo:
1) in caso di rinuncia per motivi di salute, cosa succede?
"Nessun problema, abbiamo una lista di scorta."
2) in caso di rilevazione sul campo, temo che dovrei rinunciare a metà dicembre, invece in ufficio mi sarebbe molto comodo perché potrei stare forse fino alla fine.
"In questo caso lo scriva sulla mail in cui si candida per i 3 posti in ufficio, di sicuro le verremo incontro, magari la mettiamo direttamente in ufficio senza fare l'estrazione, se tra l'altro sa usare i computer è un vantaggio, lo scriva nella mail."
3) (a quel punto, tranquillizzata, penso che il posto di lavoro è un comune, non un'azienda, quindi posso stare tranquilla, non ci saranno discriminazioni... avevo già riflettuto su questi argomenti in un altro post sul lavoroil pagamento è con ritenuta d'acconto o con gestione separata Inps? Perché nel primo caso potrei lavorare fino al 31 gennaio, salvo problemi che ora non posso valutare, altrimenti da metà gennaio sono costretta ad assentarmi, per maternità.
"Non glielo so dire, bisognerebbe sentire l'ufficio tecnico, so solo che si tratta di un contratto di prestazione d'opera" (quindi con ritenuta d'acconto, mi sono risposta da sola)

Termine ultimo per presentare domanda: lunedì 26 settembre, ore 13. Scrivo la mail, sottolineando tra l'altro che "Come detto di persona, posso garantire la mia presenza sicuramente (salvo imprevisti) fino a metà gennaio. Successivamente, pur non potendo garantirlo a priori, mi impegno a continuare il lavoro di rilevatore fino alla scadenza del 31 gennaio."

Oggi, mercoledì 28 settembre, ancora non ho ricevuto risposta. Telefono.

Risponde la signora Silvia, con cui avevo parlato al corso, che mi dice che prima di venerdì non faranno l'estrazione perché hanno altre scadenze, un progetto della regione... 
io: "Capisco i vostri problemi, però noi abbiamo anche una vita privata, io per esempio vorrei sapere se cominciare o no un corso pre parto che sarebbe al mattino...
Silvia: "Ah, lei è la signora in gravidanza? Allora le dico già che è un po' difficile perché poi quando entra in maternità dovrà andare via, quindi... sa com'è...
io: "Come ho scritto nella mail, se mi fate stare in ufficio vi assicuro che ci starò più che posso e se non capita nulla vi garantisco fino al 31 gennaio, mentre se devo andare in giro fuori, ovviamente per metà dicembre dovrò smettere!"
Silvia: "Quando comincia la maternità obbligatoria non possiamo più tenerla, quindi dovrà smettere per forza, che per noi è un problema..."
io: "No, io non entro in maternità obbligatoria perché non ho l'Inps, ma l'Inpgi e dato che il contratto è con ritenuta d'acconto non mi crea nessun vincolo e posso lavorare fin quando voglio.
Silvia: "Su questo non sarei sicura, lei dovrà smettere per la maternità e se sta in comune... capisce... ci lascia scoperti...
io: "Anche se fosse così, la maternità obbligatoria sarebbe a metà gennaio, quindi andrei via al massimo solo gli ultimi 15 giorni."
Silvia: "Mah, non so, comunque prima di venerdì non posso dirle niente, vi chiameremo noi. Buongiorno."

Da una risposta del genere deduco che:
1) probabilmente è già stato deciso che "la rompiscatole che vorrebbe lavorare in gravidanza" non sarà in ufficio;
2) con "motivi di salute" avrei avuto un aiuto e forse non avrei dovuto aspettare l'estrazione a sorte. Con "gravidanza", dopo questa telefonata, credo di essere automaticamente fuori;
3) non c'è differenza tra aziende e enti pubblici, in Italia bisogna tener nascosta una gravidanza fino all'ultimo.

Ora devo sperare di essere fortunata con l'estrazione a sorte (chissà se verrà fatta per davvero?) ma al momento è troppo forte la delusione per la disparità di trattamento tra la chiacchierata a voce (massima disponibilità, ti veniamo incontro) e quella telefonica dopo la notizia della gravidanza (chiusura totale).
Chi tiene le dita incrociate per me fino a venerdì?

Aggiornamenti
29/09/2011 - Stamattina ho scritto questa mail. Al momento (sono le 18,30) non ho ricevuto risposta.
Gent.ma XXX,
durante una chiacchierata telefonica di ieri con la sig. Silvia YYY ho "letto tra le righe" che sarei stata esclusa dall'estrazione dei tre rilevatori CCR a causa della presunta mia impossibilità a terminare il lavoro per maternità. Questo mi ha lasciato perplessa in quanto, dopo il corso per rilevatori, la stessa sig. YYY mi aveva detto che sarebbe stata vostra cura venirmi incontro, agevolandomi nell'assegnazione di un incarico maggiormente compatibile con le mie future condizioni di salute.
Ribadisco qui quanto scritto nella precedente mail: se il mio lavoro si svolgerà in ufficio, posso garantire la mia presenza sicuramente (salvo imprevisti) fino a metà gennaio. Successivamente, pur non potendo garantirlo a priori, mi impegno a continuare il lavoro di rilevatore fino alla scadenza del 31 gennaio.
Il problema infatti non si pone, in quanto come libera professionista ho la possibilità di lavorare senza obbligo di astensione (come si evince ad esempio qui: http://www.inps.it/portale/default.aspx?lastMenu=5689&iMenu=1&iNodo=5689&p1=2 : "La lavoratrice autonoma ha diritto all’indennità per congedo di maternità retribuita, senza obbligo di astensione dall’attività lavorativa")
Ricordo inoltre il Decreto Legislativo del 26 marzo 2001 n. 151, che richiama la legge del 9 dicembre 1977 n. 903, che tutela l'accesso al lavoro per le donne in gravidanza:
Art. 3. Divieto di discriminazione. E' vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro indipendentemente dalle modalita' di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale, attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza.
Chiedo pertanto di essere inserita tra gli aspiranti rilevatori CCR e quindi far parte dell'estrazione a sorte.
Chiedo inoltre di sapere quando sarà eseguita tale estrazione a sorte e se sarà possibile assistervi.
In attesa di una risposta, porgo cordiali saluti
Elisa XXX
3/10/2011 ore 16.30 - Ancora nessuna risposta alla mail né cenni di vita dal comune. Il lavoro inizia la prossima settimana, ma evidentemente chi ha un posto fisso immagina che i precari come me non abbiano nessun problema ad organizzare all'ultimo momento i prossimi tre mesi e mezzo della propria vita. Al telefono non risponde nessuno se non il call center che spiega che il lunedì pomeriggio in ufficio non c'è anima viva. Sono io che pretendo troppo, lo so!

4/10/2011 ore 9.30 -  Proprio mentre stavo per chiamare in comune e cominciare una mega litigata tipo tragedia greca, mi hanno chiamato loro per dirmi che l'estrazione sarà domattina alle 9. Meglio tardi che mai! ;-)

5/10/2011 ore 10.00 - Appena tornata dall'estrazione. NON sono stata estratta per il lavoro in ufficio, quindi sarò a fare porta a porta. Peccato, ma va bene così, farò quello che devo fare e quando proprio non sto più in piedi rinuncerò all'incarico. Tra domani e dopodomani devo andare a firmare il contratto, in cui NON sarà scritto quanto ci danno (soldi, sempre soldi... come sono venale!) né le modalità (un tot a questionario? Un fisso? Non si sa). Poi lunedì forse si comincia. Forse no. Che bello avere le idee chiare!

lunedì 26 settembre 2011

Il nome ai tempi del Grande Fratello

Qualche giorno fa l'ecografia (morfologica del quinto mese... non sembra ma siamo già a metà!) ci ha confermato quello che già era nell'aria e che aveva previsto anche la nonna: il "robino" è un maschio. Siamo contenti, ma questo ci ha mandato in crisi: avevamo già pronti un paio di nomi da bambina, mentre non abbiamo mai avuto un'idea così precisa per i nomi da bambino.
Che si fa?

In una famiglia di altri tempi avrebbe deciso il babbo, e sarebbe stato più facile. Poi magari la mamma avrebbe chiamato il bambino nella vita di tutti i giorni diversamente da come è registrato all'anagrafe, con risultati paradossali come quelli che si vedono ad esempio nelle liste elettorali tipo "Giacinto detto Marco", quando scopri che quell'amico di infanzia che hai sempre chiamato Gigi in realtà all'anagrafe si chiama Mario...

In una famiglia di oggi, ma "normale", la mamma avrebbe detto un paio di nomi che le piacciono, idem il babbo, e si sarebbe arrivati ad un compromesso, magari coinvolgendo i futuri fratellini nella scelta del nome. No, tranquilli, non abbiamo coinvolto i cani.

In una famiglia normale, dicevamo. Ma la nostra evidentemente non è abbastanza normale: tanto per cominciare partiamo da tutta una serie di vincoli auto imposti:
- no ai nomi di parenti e amici intimi
- nomi di origine italiana (latina, greca, etrusca... per capirci niente Maicol, Chevin etc etc)
- no ai nomi che in fiorentino si leggono "strano" (Luca che diventa Lu'ha mi fa rabbrividire. Per fortuna è già nella lista di parenti e amici)
- no ai nomi che significano "Dio ha fatto questo, quello, è così, è cosà" (io sono già traumatizzata dal mio "il mio Dio è perfezione" e il babbo dovrebbe essere un "dono di Dio"... accidenti che nomi impegnativi!)
- no ai nomi di fiori, piante, frutti, elementi chimici, animali esotici etc
- dubbi sui nomi troppo comuni: Francesco mi piace tantissimo, ma sembra che oggi si chiami così quasi 1 bambino su 20... l'idea di gridare al parco "Francesco vieni qui" e di trovarmi intorno 15 bambini di cui 14 sconosciuti non mi entusiasma... però l'abbiamo tenuto!

Dati questi vincoli iniziali, il primo passo è stato cercare un elenco. L'abbiamo trovato sul sito http://www.nomix.it/ che tra maschili e femminili ha una lista di 1600 nomi.

Successivamente, dopo una prima cernita radicale (non ho dovuto chiedere conferma per escludere Archippo e Maccabeo) alcuni nomi sono stati raggruppati tra quelli molto comuni, quelli in uso tra parenti e amici, e - insieme al babbo - quelli scartati senza possibilità di appello.

Alla fine la nostra lista, ormai ridotta all'osso, comprendeva 10 nomi (ridotti poi a 9 perché ci siamo accorti che Diego è il nome di un parente, anzi due!). Ma adesso comincia il bello. Dato che la scelta di un nome è un atto molto impegnativo, non si può decidere da un giorno all'altro, giusto? Ci siamo presi due mesi. Detta così sarebbe quasi normale.

Invece è un reality show. O quasi. Ogni settimana elimineremo un nome: ognuno di noi dovrà stilare due graduatorie (una il martedì e una il sabato) in cui ad ogni posizione corrisponde un voto (al primo 10, al secondo 9 e così a scalare). La domenica si sommano i voti e si scarta l'ultimo. Arriveremo a novembre con 3 nomi, sui quali poi avremo tempo di riflettere fino a febbraio. E poi chissà, magari decideremo all'ultimo.
Non siamo fan del Grande Fratello (io ho guardato alcune puntate della prima stagione per una tesina di Teorie e Tecniche del Linguaggio Televisivo) né di altri reality, ma era l'unico modo per spronare il babbo ad impegnarsi: ci mette sempre un po' a prendere le decisioni, anche quelle importanti, e questa proprio non può delegarla solo a me!

Al momento nessuna indiscrezione sui nomi rimasti in lista.
Posso però dirvi che il nome scartato ieri è Simone (che solo dopo abbiamo scoperto significa "colui che ascolta e ubbidisce a Dio"... ecco, appunto...)

Ricomincia una nuova settimana, altre classifiche e altre nomination. Sperando che il "robino" non ci vorrà troppo male per il nome che sceglieremo!

P.S. Un saluto affettuoso a tutti gli Archippo e i Maccabeo che seguono questo blog. ;-)

lunedì 19 settembre 2011

Colori di genere

Ho sempre pensato che ogni colore avesse la stessa dignità. Ammetto che forse sono un po' razzista con il bianco (non amo i muri bianchi, i vestiti bianchi, i capelli bianchi...) ;-) e ho le mie preferenze: mi vesto spesso di nero, amo il viola, ho dipinto le pareti di casa di verde e azzurro (il salotto sarà color argilla) uso l'henné per i capelli rossi, ho comprato per Nina una pettorina e un guinzaglio blu...

Ecco, credo di aver rovinato la vita al mio cane. Un primo segnale ce l'ho avuto al negozio di articoli per animali, il giorno stesso dell'adozione di Nina, provandole la pettorina. Blu, avevamo deciso, perché nera ce l'ha già Claus, rossa ce l'ha il cane dei nonni, gialla si sporca subito... blu invece piaceva a tutti i bipedi della famiglia (abbiamo provato a chiedere ai quadrupedi ma non si sono espressi). Proviamo la pettorina, chiamando la negoziante per chiederle di aiutarci a capire come si infila, e mentre cerchiamo il guinzaglio, della dimensione giusta e dello stesso colore, la lasciamo addosso al cane. Poi ci mettiamo a chiacchierare con la negoziante, che scopre così che Nina è appena stata adottata, viene da un canile, sembra aver retto bene il viaggio, è femmina...
"Ah, è femmina?"
"" (te l'ho appena detto, e poi si chiama Nina... saremmo un po' carogne a chiamare Nina - con la A - un cane maschio...)
"Io ho lasciato la pettorina che aveva provato, ma se vuole cambiarla..."
"No, quella le sta bene, è della dimensione giusta, no?"
"Sì sì, ma... è blu... se vuole ci sono anche altri colori..."
"Ah, no grazie, va benissimo blu!"

Pensavo che fosse una sciocchezza. Che il blu avesse la stessa dignità, chessò, del rosso, o del giallo. Uscendo dal negozio ci avevamo anche scherzato su: "Cominciano già a farci problemi di colore con il cane? Figuriamoci quando sarà il momento di mettere i pigiamini a 'robino', dato che sicuramente non ci faremo problemi di rosa o azzurro"
Scherzavamo, ma non sapevamo che stavamo condannando Nina ad una vita da reietta

"Bobo, vieni via!". "Fido, lascia stare quel cane, che tu non vai d'accordo coi maschi!"
"Ma... è femmina"
"Ah, scusi, pensavo fosse maschio, sa, il collare blu..."
Due episodi in soli due giorni. Sarebbero forse molti di più, ma nel giardino davanti a casa ormai ci conosciamo tutti (i padroni di Pippo, Billy, Kira e Leo sanno che Nina, nonostante il degradante marchio blu, è femmina) ma basta che Nina vada due giorni in luoghi sconosciuti per essere bollata come cane maschio, a causa del colore della pettorina. L'unica soluzione sembrerebbe procurarci una coccarda rosa, da appuntarle sul collare. Avevo pensato anche ad un cartello con su scritto "I miei padroni sono insensibili alle mie esigenze etologiche primarie di cane femmina, per favore regalatemi una pettorina rosa", ma mi sono scontrata coi dettagli tecnici: se lo faccio bianco con le scritte nere sarà abbastanza femminile? Devo scrivere in corsivo, preferibilmente con molti svolazzi, anche se è meno comprensibile?

Non saprò mai, credo, se Nina è traumatizzata. Invece temo che, col mio comportamento da madre degenere, traumatizzerò 'robino'. Magliette rosa a fiorellini o azzurre con gli aereoplanini, che differenza fa per un cucciolo così piccolo? 

Pensandoci, ho capito tutto. Vegana, animalista, equo-solidale, ecologista... se sono "strana" è tutta colpa di mio cugino. Sì, proprio quello nato due anni prima di me, da cui, neonata, ho "ereditato" tutti i vestitini.  Ovviamente azzurri. Mia madre mi raccontava che durante la gravidanza, non sapendo se sarei stata maschio o femmina (ho scoperto ieri che il suo ginecologo era contrario alle ecografie) ma ben consapevole che avrei indossato i pigiamini e le tutine del cuginetto, aveva fatto a maglia una copertina di lana rosa, così in ogni caso avrei avuto qualcosa di entrambi i colori. Ma il danno ormai era fatto, rovinata a vita. 
Tutto per colpa di un colore sbagliato.

Aggiornamento
Scrive mio cugino (quello dei vestitini azzurri): "Non puoi attribuire a me la "discoloria"! Ero troppo piccino!". Vero. Non è colpa sua. Sta di fatto però che i vestiti erano i suoi. E io non glie l'ho mai perdonato. Tanto da obbligarlo, trenta anni dopo, ad essere il mio testimone di nozze. Tié. ;-)

sabato 10 settembre 2011

Conferenza "Gravidanza veg"


Ieri ho partecipato ad un incontro dal titolo "Gravidanza veg". E la relatrice ero io! Che emozione. Sono arrivata preoccupata perché pensavo di fare brutta figura, invece alla fine mi sono divertita, ho conosciuto un'altra mamma (con bimbo vegano già grandicello! Di 20 mesi) e ho parlato direttamente con un po' di persone. Insomma, una bella esperienza.
Riporto qui il testo che mi ero preparata, che ho più o meno seguito. Mi scuso in anticipo per la lunghezza.

Se siete venuti qui per sentire indicazioni mediche per le donne che vogliono intraprendere una gravidanza da vegane, mi dispiace ma avete sbagliato conferenza. Non sono un medico. Non sono una nutrizionista. Sono una futura mamma alla 18a settimana di gravidanza, vegetariana dal 2000 e vegana da circa 5 o 6 anni, che ha deciso di mantenere il suo stile di vita anche durante questi nove mesi. So di non essere un'irresponsabile e sono convinta che questo stile di vita sia sano sia per me che per il bambino o la bambina che nascerà a febbraio. 
Quando mi è stato chiesto di partecipare ad una conferenza sulla gravidanza vegana, portando le mie esperienze, ho avuto un momento di stupore e mi sono chiesta il senso di questo intervento. D'altra parte, pensavo, non sto facendo nulla di speciale. Mi sono ricreduta, ricordando quello che mi aveva raccontato poche settimane prima una mia amica, vegetariana, dopo una visita ginecologica in previsione di una gravidanza. L'amica si è sentita dire dalla ginecologa che, durante i mesi di gravidanza avrebbe fatto bene a “nascondersi” un po' di carne nei piatti, aggiungendo che negli anni, di due pazienti vegetariane, una si era convinta a cambiare dieta, l'altra purtroppo no. Quindi questo medico, con il potere che ha, soprattutto in un periodo di fragilità e di enormi dubbi come quello che passa una donna incinta, è riuscita a far avere ad almeno una paziente su due tali paure da convincerla a cambiare il suo stile di vita. Questo, a quanto ho potuto scoprire attraverso una ricerca su internet, è purtroppo frequente: la donna incinta, vegana o vegetariana, si trova spesso ad avere contro i medici e la stessa famiglia. 
Posso dire, da questo punto di vista, che per il momento sono stata fortunata. Ho un marito vegetariano che non ha avuto nessun dubbio nel sostenermi nel continuare il mio attuale stile di vita in gravidanza. Fino ad ora ho trovato medici competenti, da quelli che non mi hanno dissuasa a quelli che invece mi hanno dato utili informazioni. Devo soprattutto ringraziare il sito della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana e gli amici del forum di Informazione Alimentare che mi hanno indicato come bilanciare al meglio quello che mangio tutti i giorni per adattarlo ad un diverso fabbisogno energetico del mio corpo. 
Prima di raccontarvi la mia esperienza, una precisazione è d'obbligo: non sto parlando di quella vegan come di una "dieta", ma di uno stile di vita che riguarda altri campi oltre a quello dell'alimentazione. Quando sento parlare di Dolce e Gabbana, vegani per un mese per disintossicarsi, o del ciclista vegano al Tour de France, che due volte a settimana mangia salmone, mi chiedo se ci stanno prendendo in giro. La parola "dieta" deriva dal termine greco dìaita, che significa stile di vita. Quando parliamo di "dieta dimagrante", ad esempio, stiamo commettendo un errore, dovremmo parlare di "terapia alimentare". La dieta vegan, è quindi uno stile alimentare che fa parte di uno stile di vita. Un vegan esclude l'uso di prodotti di origine animale come cibo e per qualsiasi altro scopo, quindi non solo niente carne e pesce, latte, latticini, uova etc, ma anche prodotti di qualsiasi genere la cui realizzazione implichi lo sfruttamento degli animali. Un vegano non mette scarpe di pelle, né sciarpe di seta, né maglioni di lana o di cachemire. Un vegano non compra cosmetici che contengono miele e cera, ma nemmeno quelli testati sugli animali e quindi sceglie prodotti di quelle marche che hanno dichiarato di non utilizzare più ingredienti messi in commercio dopo una certa data, e che quindi di fatto non finanziano i test sugli animali.
Questo è da tenere ben presente, anche in gravidanza e temo soprattutto dopo, perché alle mamme in attesa vengono proposti unguenti e creme di ogni genere contro le smagliature. Serviranno? Non ve lo so dire, perché (come avevo raccontato nel post "Idratare la pelle") io ho usato soltanto l'olio di mandorle della marca “i Provenzali”, 100% naturale e di una azienda che aderisce allo standard cruelty free “Icea-LAV” e “Vivo” del Comitato per un consumo consapevole. Al momento le smagliature non ci sono e il mio giudizio è ottimo. 
Ma partiamo dall'inizio della mia esperienza. Dicevo di essere stata fortunata perché la mia scelta è condivisa dai familiari più stretti e non osteggiata dai medici. Sono fortunata anche perché tutto sta andando bene, anzi più che bene. Durante i primi tre mesi ho avuto pochissime delle nausee tipiche e per il momento non noto nessun disturbo. Gli esami del sangue eseguiti fino a questo momento sono perfetti e questo ha rassicurato anche i parenti più scettici. 
Appena ho scoperto di essere incinta mi sono rivolta alla dottoressa Luisa Mondo, nutrizionista di Torino, che è stata molto gentile e mi ha dato un unico consiglio: almeno per i primi tempi, non cambiare di una virgola le mie abitudini alimentari, a parte qualche spuntino in più qua e là durante la giornata per prevenire la nausea (consigliate a questo proposito sono le barrette di semi o frutta secca) che effettivamente mi sono state molto utili.
Qui voglio però puntualizzare una cosa. Sto dicendo che l'alimentazione vegana in gravidanza è salutare, non è per nulla dannosa. Ma attenzione, chiariamoci sui termini, seguire un'alimentazione vegana non vuol dire semplicemente “togliere” carne, latticini, uova etc. L'alimentazione vegana non è solo pasta e insalata, tra l'altro... ci pensate che noia sarebbe? Non possiamo nemmeno considerare l'alimentazione vegana come un doppione di quella onnivora, con cibi da sostituire ad altri. E' semplicemente un'altra cosa. Mi è stata suggerita un'analogia che trovo molto di impatto: chiedersi con quali cibi bisogna sostituire carne e derivati, sarebbe come voler parlare una lingua straniera usando la grammatica italiana.
Tornando alla mia esperienza, il consiglio della dottoressa Mondo nasceva dal fatto che le mie analisi del sangue, che ricevo annualmente quando vado a donare il sangue, non hanno mai mostrato nessun valore sballato. Negli ultimi cinque anni, così come nei dieci precedenti, non ho avuto problemi di salute legati all'alimentazione (anzi, come dicevo prima, il mio ferro è ora oltre i limiti, mentre prima ero quasi anemica). Alla nutrizionista è quindi bastato chiedermi una tabella tipo di quello che mangio ogni giorno, per confermarla senza cambiamenti. 

Ho concluso il mio intervento con gli spunti alimentari che avevo già scritto nel post "Vegana Informata".