Tra qualche giorno sarà Pasqua, e al di là del significato religioso che ognuno può o meno condividere, una cosa è certa: 7 milioni di agnelli finiranno sulle tavole degli italiani, che siano credenti o meno: costolette di agnello fritte (come le preparava mia madre) o abbacchio alla romana, in umido, in padella, al forno... sono mille le possibilità per soddisfare le papille gustative di chi non si chiede da dove arriva la carne che ha nel piatto.
Perché chi se lo chiede sa che deriva da un animale che ha poco più di un mese di vita, che pesa a stento 7 kg, più spesso tra i 4 e i 6. E scrivere queste cose mi fa salire un brivido su per la schiena e venire le lacrime agli occhi, perché mi sembra di parlare di Valerio, un cucciolo che ha avuto la fortuna di nascere "homo sapiens" e non pecora, e per questo nessuno lo obbligherà a salire su un camion sovraffollato da altri suoi simili, non lo costringerà a subire un viaggio estenuante verso un macello, non lo stordirà per poi appenderlo per un gancio lasciandolo dissanguare.
L'uccisione di ogni animale, che si tratti di pecora, maiale, cane o gatto, per me non fa differenza, ma il sacrificio degli agnelli è un'atrocità superiore alle altre, perché si tratta di cuccioli e perché viene giustificata da una follia rituale vecchia di duemila anni.
Se proprio non potete rinunciare all'agnello sulla vostra tavola, ve ne propongo una versione totalmente cruelty free.
Ingredienti:
1 cavolfiore
1 patata
1 carota
2 grani di pepe
2 semi di cumino
Cuocete il cavolfiore intero (io l'ho cotto al vapore in pentola a pressione). Fate bollire e pelate la patata e la carota. Togliete un'infiorescenza al cavolfiore nella parte inferiore e inserite per metà la patata. Tagliate due rondelle della carota e inseritele nel cavolfiore. Decorate la patata coi semi di cumino come narici e i grani di pepe come occhi.
Sentitevi leggeri nello stomaco e con la vostra coscienza.
Buon appetito!
martedì 3 aprile 2012
venerdì 30 marzo 2012
30 e più giorni di pannolini lavabili
Valerio cresce, mangia tanto, ma soprattutto fa tanta cacca. Ti rendi conto di essere diventata mamma quando ad un pic nic con le amiche - tutte con carrozzina al seguito - ti trovi a parlare di colore, consistenza e periodicità delle cacche dei rispettivi frugoletti. Ad invidiare le mamme degli stitici ("Lei? Ogni due giorni! Sono disperata, ho provato di tutto!") e ad essere a tua volta invidiata da loro ("Lui? ogni volta che lo cambio, 7/10 volte al giorno, c'è un po' di cacca, dal minimo sindacale all'alluvione...")
Faccio outing. Oltre ai pannolini lavabili, abbiamo comprato anche un pacco da 150 usa e getta. a mia discolpa posso dire che sono biodegradabili. E li abbiamo pagati poco perché presi direttamente dalla fabbrica, che sta a Prato, di seconda scelta. E che ne abbiamo ancora la metà, avendoli usati davvero poco.
E ora, un'altra confessione: il Babbo è più convinto di me, coi lavabili. Io ero ancora stravolta sul divano, dopo pochi giorni dal parto e lui già mi diceva "Che ne dici se oggi gliene metto uno di cotone?" Non so dire qual è stata la mia risposta, poteva essere un "Fà come vuoi" oppure un semplice mugolio: di quei giorni ricordo poco.
Da quel momento in poi, a parte un tragico fine settimana al mare (dopo solo un giorno il Babbo ha sbottato: "Dobbiamo procurarci una lavatrice a manovella, queste schifezze di usa e getta non si possono usare!"), abbiamo usato solo i lavabili.
Alle future mamme che mi chiedono "quando" cominciare, io consiglio... subito! Lascia pure passare un paio di giorni dopo il ritorno dall'ospedale, ma se sei sostenuta dal compagno non ha senso rimandare troppo. I pannolini lavabili sono l'invenzione migliore per il culetto del tuo bambino (no, l'associazione venditori di pannolini lavabili non mi paga per questo...)
Un bilancio delle nostre esperienze dopo un mese di utilizzo. Ecco quali pannolini abbiamo comprato e stiamo utilizzando.
5 ciripà. Sono i vecchi "sorrisi", strisce di cotone con due laccetti da annodare in vita. Sopra, una mutandina (che se non si sporca si riutilizza per vari cambi). Per la casa, di giorno, sono i miei preferiti. Basta prenderci la mano, e ci vuole davvero poco, e poi si adattano perfettamente.
5 Pagù. I pannolini sono tipo un fazzolettone di cotone, con la parte centrale più spessa. Si piegano "a origami", diversamente tra maschi e femmine (per i maschi è veramente facile, basta piegare in dentro le due alette laterali, ad aereoplanino) e, volendo, si tengono chiusi con uno "snappy". Sopra, una mutandina. I preferiti del babbo, per la casa, di giorno.
5 Pop-in. Pannolini "tutto in due", con inserti staccabili in pile e mutandina con bottoncini (per regolare le dimensioni: Vale è già alla seconda misura) di un materiale impermeabile ma traspirante. Perfetti per le uscite perché comodissimi, una volta attaccati gli inserti il pannolino non è tanto diverso da un usa e getta. Uno è costantemente nella borsa del cambio, che mi porto sempre dietro.
3 "Belli come il sole". Pannolini "fitted", cioè una mutandina di materiale assorbente (cotone spesso), a cui aggiungere una mutandina impermeabile. Perfetti per la notte, l'unico difetto è che ci mettono molto ad asciugare (ma ora che fa caldo non è più un problema)
1 "Ecobu". Come idea simili ai Pop-in, ma gli inserti sono in bambù. Lo usiamo per la notte quando i "Belli come il sole" non sono ancora asciutti, oppure per uscire quando serve una buona tenuta.
1 "Tretopini", pocket con fantasia cani e gatti. L'inserto si inserisce in una tasca della mutandina regolabile per taglie. Troppo bello! E per questo l'abbiamo ancora usato poco. Aspettiamo l'estate per sfoggiarlo senza pigiamini.
2 "Italmami" (un Fiocco e un Lilo), anche questi sono pocket regolabili. Per il momento sono quelli più difficili da usare, forse perché Valerio è ancora troppo piccolo (vanno bene dai 5 kg in poi). Prima di giudicare, aspettiamo un uso più massiccio tra qualche settimana.
"Si, però che stress, devi lavarli..."
I primi tempi facevamo una lavatrice ogni due giorni. Ora che fa caldo e al sole in mezza giornata asciugano, la facciamo ogni tre. Pannolini, più vestitini di Valerio e a volte qualcos'altro se ci sta.
In compenso il sacchetto della spazzatura è sempre vuoto (e dato che il bidone più vicino a casa è comunque lontanuccio, già solo questo aspetto potrebbe essere determinante per la preferenza verso i lavabili...)
Un altro aspetto da non sottovalutare è che la puzza non si sente quasi: l'odore di bucato copre in gran parte quello della cacca - che effettivamente per ora non è molto penetrante, ma con gli usa e getta si sente eccome. Qualche settimana fa, la zia, con Valerio in braccio, spiegava al fidanzato: "La puzza non si sente, perché loro usano dei pannolini tecnologici ultra moderni!"
Quale definizione migliore, per i ciripà della nonna?
Faccio outing. Oltre ai pannolini lavabili, abbiamo comprato anche un pacco da 150 usa e getta. a mia discolpa posso dire che sono biodegradabili. E li abbiamo pagati poco perché presi direttamente dalla fabbrica, che sta a Prato, di seconda scelta. E che ne abbiamo ancora la metà, avendoli usati davvero poco.
E ora, un'altra confessione: il Babbo è più convinto di me, coi lavabili. Io ero ancora stravolta sul divano, dopo pochi giorni dal parto e lui già mi diceva "Che ne dici se oggi gliene metto uno di cotone?" Non so dire qual è stata la mia risposta, poteva essere un "Fà come vuoi" oppure un semplice mugolio: di quei giorni ricordo poco.
Da quel momento in poi, a parte un tragico fine settimana al mare (dopo solo un giorno il Babbo ha sbottato: "Dobbiamo procurarci una lavatrice a manovella, queste schifezze di usa e getta non si possono usare!"), abbiamo usato solo i lavabili.
Alle future mamme che mi chiedono "quando" cominciare, io consiglio... subito! Lascia pure passare un paio di giorni dopo il ritorno dall'ospedale, ma se sei sostenuta dal compagno non ha senso rimandare troppo. I pannolini lavabili sono l'invenzione migliore per il culetto del tuo bambino (no, l'associazione venditori di pannolini lavabili non mi paga per questo...)
Un bilancio delle nostre esperienze dopo un mese di utilizzo. Ecco quali pannolini abbiamo comprato e stiamo utilizzando.
5 ciripà. Sono i vecchi "sorrisi", strisce di cotone con due laccetti da annodare in vita. Sopra, una mutandina (che se non si sporca si riutilizza per vari cambi). Per la casa, di giorno, sono i miei preferiti. Basta prenderci la mano, e ci vuole davvero poco, e poi si adattano perfettamente.
5 Pagù. I pannolini sono tipo un fazzolettone di cotone, con la parte centrale più spessa. Si piegano "a origami", diversamente tra maschi e femmine (per i maschi è veramente facile, basta piegare in dentro le due alette laterali, ad aereoplanino) e, volendo, si tengono chiusi con uno "snappy". Sopra, una mutandina. I preferiti del babbo, per la casa, di giorno.
5 Pop-in. Pannolini "tutto in due", con inserti staccabili in pile e mutandina con bottoncini (per regolare le dimensioni: Vale è già alla seconda misura) di un materiale impermeabile ma traspirante. Perfetti per le uscite perché comodissimi, una volta attaccati gli inserti il pannolino non è tanto diverso da un usa e getta. Uno è costantemente nella borsa del cambio, che mi porto sempre dietro.
3 "Belli come il sole". Pannolini "fitted", cioè una mutandina di materiale assorbente (cotone spesso), a cui aggiungere una mutandina impermeabile. Perfetti per la notte, l'unico difetto è che ci mettono molto ad asciugare (ma ora che fa caldo non è più un problema)
1 "Ecobu". Come idea simili ai Pop-in, ma gli inserti sono in bambù. Lo usiamo per la notte quando i "Belli come il sole" non sono ancora asciutti, oppure per uscire quando serve una buona tenuta.
1 "Tretopini", pocket con fantasia cani e gatti. L'inserto si inserisce in una tasca della mutandina regolabile per taglie. Troppo bello! E per questo l'abbiamo ancora usato poco. Aspettiamo l'estate per sfoggiarlo senza pigiamini.
2 "Italmami" (un Fiocco e un Lilo), anche questi sono pocket regolabili. Per il momento sono quelli più difficili da usare, forse perché Valerio è ancora troppo piccolo (vanno bene dai 5 kg in poi). Prima di giudicare, aspettiamo un uso più massiccio tra qualche settimana.
"Si, però che stress, devi lavarli..."
I primi tempi facevamo una lavatrice ogni due giorni. Ora che fa caldo e al sole in mezza giornata asciugano, la facciamo ogni tre. Pannolini, più vestitini di Valerio e a volte qualcos'altro se ci sta.
In compenso il sacchetto della spazzatura è sempre vuoto (e dato che il bidone più vicino a casa è comunque lontanuccio, già solo questo aspetto potrebbe essere determinante per la preferenza verso i lavabili...)
Un altro aspetto da non sottovalutare è che la puzza non si sente quasi: l'odore di bucato copre in gran parte quello della cacca - che effettivamente per ora non è molto penetrante, ma con gli usa e getta si sente eccome. Qualche settimana fa, la zia, con Valerio in braccio, spiegava al fidanzato: "La puzza non si sente, perché loro usano dei pannolini tecnologici ultra moderni!"
Quale definizione migliore, per i ciripà della nonna?
mercoledì 21 marzo 2012
Dormire come un bambino
Ieri era il primo complimese di Valerio. Che ormai, secondo quanto aveva detto l'ostetrica, dovrebbe aver capito la differenza tra giorno e notte. Se l'ha capita, e quindi questi sono i suoi ritmi, siamo rovinati: abbiamo un figlio mattiniero.
Io e il babbo, non ci fosse il lavoro, saremmo due nottambuli. Il nostro fuso orario è quello del centro dell'oceano Atlantico. Pranzo alle 14, cena alle 21.30, a letto dopo l'una. Se il giorno dopo è festivo, sveglia alle 11.

Da quando è arrivato Valerio, i nostri ritmi sono ovviamente cambiati. Lui si addormenta alle 22.30 e a quel punto non c'è più niente da fare, non si sveglia nemmeno con le cannonate. Non si sveglia nemmeno al cambio del pannolino, mentre solitamente questo è un momento in cui i vicini più sensibili si chiedono se devono chiamare il telefono azzurro, mentre gli altri si sono già procurati dei tappi per le orecchie. Dopo un lungo sonno di 4 ore (e "lungo" non è una presa in giro, so che molti neonati si svegliano più spesso) verso le 2.30/3 il suo stomachino comincia a brontolare e Valerio chiede di essere allattato. Per un'ora. Poi verso le 4.30 chiede il bis. E alle 6 c'è ancora un... non è proprio fame, è più voglia di qualcosa di buono!
Alle 6.30, finita la lunga colazione, Valerio è pronto per esplorare il mondo. Per stare in piedi. Per saltellare. E io sarei anche d'accordo, è giusto che un bambino faccia le sue esperienze, si tenga in forma... ah, ma ad un mese non sta in piedi da solo e non saltella? E quindi come si fa? Lo devo tenere io? Ecco...
Due giorni fa mi sono addormentata con le gambe ripiegate e il piccolo esploratore appoggiato sopra. Più spesso cedo il fagottino al babbo, mi tiro le lenzuola sulle orecchie e cerco di dormire ancora per un'oretta.
Quante volte, indicando il piccolo, vecchio Claus con la faccia soddisfatta che dormiva nella sua cuccia, ho pronunciato la fatidica frase: "Guarda che carino! Dorme come un bambino". Mai più. D'ora in poi cercherò di essere più filologicamente corretta: "Soffri d'insonnia? Soffri di incubi ricorrenti? Ti svegli ogni due ore per saccheggiare il frigo? Allora dormi come un bambino!"
lunedì 19 marzo 2012
Mei tai. Che non è un piatto del ristorante cinese
Valerio cresce, e tanto. L'allattamento a richiesta è un po' faticoso (alcuni giorni è quasi perennemente attaccato alle mie tette...) ma comunque piacevole e gratificante. Di notte, dopo un primo sonno lungo (4 ore circa) la piccola sanguisuga pretende di essere nutrita a cadenze molto più ristrette, tanto che la maggior parte delle volte mi addormento allattando, svegliandomi poi tutta intorpidita, mezza scoperta e in posizioni improbabili.
Di giorno, invece, mi salva il mei tai, che non è un ristorante cinese da cui farmi mandare il pranzo, bensì una specie di marsupio in cui sistemare Valerio mentre io faccio altro. Il mio mei tai è autoprodotto, seguendo uno dei tutorial che si trovano facilmente on line. Basta un po' di pratica con la macchina da cucire (ma basta veramente pochissima esperienza) e due metri di stoffa abbastanza resistente ma morbida.
A differenza dei comuni marsupi, nel mei tai il neonato sta completamente all'interno del porta bebè, in una posizione più naturale perché rannicchiata. Quando crescerà, si potrà sistemare sulla schiena della mamma o del papà anziché sulla pancia, con le gambe a penzoloni, ma con la schiena comunque sostenuta dalla stoffa.
Quando è molto piccolo, il neonato si trova in una posizione che ricorda la pancia della mamma: sente il battito del cuore, viene cullato dal movimento del portatore, vede una luce soffusa e si sente protetto dall'esterno. Sarà per questo che, spesso, il bimbo si tranquillizza immediatamente.
A casa nostra, viene usato da me per stare in casa e per uscire per brevi giri col cane vecchio, mentre se devo fare più strada preferisco la carrozzina per evitare di sovraccaricare la schiena. Invece il babbo preferisce il mei tai, lo considera (a ragione!) più comodo e maneggevole della carrozzina. Inoltre su di lui ha per Valerio un effetto sonnifero.
Cosa si può fare col mei tai
- cucinare. Provate a tagliare il pane o scolare la pasta con un bambino in braccio. Impossibile. Col mei tai si può!
- cucire. Ho fatto due asole per il copriseggiolino dell'auto. Alla terza la macchina da cucire s'è rotta. Ma non è colpa del mei tai.
- allattare. Col bimbo dentro al mei tai. Mentre cucivo. (l'ho detto che alcuni giorni Valerio è perennemente attaccato, no?)
- fare un giro in centro e mangiare un tiramisu vegano al ristorante Dolce Vegan. Due ore e mezza senza chiedere di mangiare. Io quasi non ci credevo, ma il mei tai addosso al babbo è miracoloso.
- andare alla Galleria dell'Accademia (dove c'è il David di Michelangelo) con una visita guidata di due ore e il ranocchio sempre portato dal babbo.
- portare a spasso un bimbo, un cane "normale" e un cane artritico con il passeggino. Coi vicini che sorridono perché nel passeggino ci sta il cane e non il bambino.
- passare l'aspirapolvere, mettere in ordine, stendere... insomma fare le faccende di casa. A parte stirare, che in casa nostra avviene... no, non posso nemmeno dire raramente... non so più dov'è il ferro da stiro!
- ... se sperimenterò altre situazioni estreme, aggiornerò l'elenco!
Insomma, sperando che il piccolo lottatore di sumo non diventi troppo pesante in breve tempo, viva il mei tai!
Di giorno, invece, mi salva il mei tai, che non è un ristorante cinese da cui farmi mandare il pranzo, bensì una specie di marsupio in cui sistemare Valerio mentre io faccio altro. Il mio mei tai è autoprodotto, seguendo uno dei tutorial che si trovano facilmente on line. Basta un po' di pratica con la macchina da cucire (ma basta veramente pochissima esperienza) e due metri di stoffa abbastanza resistente ma morbida.
A differenza dei comuni marsupi, nel mei tai il neonato sta completamente all'interno del porta bebè, in una posizione più naturale perché rannicchiata. Quando crescerà, si potrà sistemare sulla schiena della mamma o del papà anziché sulla pancia, con le gambe a penzoloni, ma con la schiena comunque sostenuta dalla stoffa.
Quando è molto piccolo, il neonato si trova in una posizione che ricorda la pancia della mamma: sente il battito del cuore, viene cullato dal movimento del portatore, vede una luce soffusa e si sente protetto dall'esterno. Sarà per questo che, spesso, il bimbo si tranquillizza immediatamente.
A casa nostra, viene usato da me per stare in casa e per uscire per brevi giri col cane vecchio, mentre se devo fare più strada preferisco la carrozzina per evitare di sovraccaricare la schiena. Invece il babbo preferisce il mei tai, lo considera (a ragione!) più comodo e maneggevole della carrozzina. Inoltre su di lui ha per Valerio un effetto sonnifero.
Cosa si può fare col mei tai
- cucinare. Provate a tagliare il pane o scolare la pasta con un bambino in braccio. Impossibile. Col mei tai si può!
- cucire. Ho fatto due asole per il copriseggiolino dell'auto. Alla terza la macchina da cucire s'è rotta. Ma non è colpa del mei tai.
- allattare. Col bimbo dentro al mei tai. Mentre cucivo. (l'ho detto che alcuni giorni Valerio è perennemente attaccato, no?)
- fare un giro in centro e mangiare un tiramisu vegano al ristorante Dolce Vegan. Due ore e mezza senza chiedere di mangiare. Io quasi non ci credevo, ma il mei tai addosso al babbo è miracoloso.
- andare alla Galleria dell'Accademia (dove c'è il David di Michelangelo) con una visita guidata di due ore e il ranocchio sempre portato dal babbo.
- portare a spasso un bimbo, un cane "normale" e un cane artritico con il passeggino. Coi vicini che sorridono perché nel passeggino ci sta il cane e non il bambino.
- passare l'aspirapolvere, mettere in ordine, stendere... insomma fare le faccende di casa. A parte stirare, che in casa nostra avviene... no, non posso nemmeno dire raramente... non so più dov'è il ferro da stiro!
- ... se sperimenterò altre situazioni estreme, aggiornerò l'elenco!
Insomma, sperando che il piccolo lottatore di sumo non diventi troppo pesante in breve tempo, viva il mei tai!
venerdì 9 marzo 2012
Frasi e momenti che resteranno indimenticabili
Durante il parto
"Non si potrebbe interrompere e ricominciare domani?"
Ostetrica: "Si vede la testa, ora bastano poche spinte"
io: "Poche cosa vuol dire?"
ostetrica (imbarazzata): "Beh... dipende..."
io (testarda): "Ma più o meno di dieci?!?"
Dopo il parto, in ospedale
"Il prossimo però lo adottiamo..."
In ospedale i pasti si prenotano il giorno prima. Essendo io arrivata alla sera non ho potuto prenotare, ma ho comunicato di volere per il giorno successivo un menu almeno vegetariano. A pranzo tutto a posto. A cena...
Inserviente: "Lei è quella vegetariana? Come primo c'è la pasta. Come secondo le posso dare le seppioline in umido"
io: "Le seppioline non le mangio, sono vegetariana"
inserviente: "Ah, non le mangia? Ma è pesce!"
io: "Appunto, i vegetariani non mangiano pesce..."
inserviente: "Di solito le nostre pazienti vegetariane il pesce lo mangiano. Allora non so proprio... ah, no, ecco, dalla cucina mi hanno mandato questo vassoio con i legumi apposta per lei!"
io "..."
La prima memorabile volta che il frugoletto, appena tolto il pannolino, pulito, asciugato... fa la pipì a spruzzo addosso a chi lo sta cambiando...
Dopo il parto, a casa
Le tre regole fondamentali per la nanna che dà l'ospedale sono:
- il neonato deve dormire a pancia in su
- non nel letto dei genitori
- ad una temperatura di non oltre 20°, quindi solo con un lenzuolino, niente coperte pesanti.
La prima notte mi addormento allattando. Mi risveglio e Valerio è sotto le coperte, a pancia in giù, nel centro del lettone. Cominciamo benissimo!!!
Il babbo che, tornando dall'unica farmacia aperta il sabato all'una di notte, commenta: "Sembra incredibile, ma mentre io andavo in farmacia, c'era gente che usciva per la serata!"
La prima memorabile volta che il frugoletto, appena pulito, asciugato, con già il pannolino pulito sotto il culetto... fa la cacca... allagando il bagno... (come fa a farne così tanta? Dove la tiene???)
La prima doccia al ritorno dall'ospedale. O meglio, TRE GIORNI dopo il ritorno dall'ospedale. Prima sembravo il gobbo di notre dame e non stavo abbastanza dritta da entrare nel box doccia...
Guardare in basso e vedere un seno taglia 4 al posto dei due brufoli che avevo prima.
La prima volta che ho rimesso la mia gonna preferita (che in qualche modo avevo cercato di mettere anche durante la gravidanza, ma non nell'ultimo mese) sentendomi finalmente donna e non più convalescente.
Il primo "vestitino per uscire" di Valerio. Che, mi fa notare il babbo, è un pigiamino come tutti gli altri. "Nooo! E' molto più bello!!" (solo perché è blu notte anziché bianco/azzurrino/panna...)
"Non si potrebbe interrompere e ricominciare domani?"
Ostetrica: "Si vede la testa, ora bastano poche spinte"
io: "Poche cosa vuol dire?"
ostetrica (imbarazzata): "Beh... dipende..."
io (testarda): "Ma più o meno di dieci?!?"
Dopo il parto, in ospedale
"Il prossimo però lo adottiamo..."
In ospedale i pasti si prenotano il giorno prima. Essendo io arrivata alla sera non ho potuto prenotare, ma ho comunicato di volere per il giorno successivo un menu almeno vegetariano. A pranzo tutto a posto. A cena...
Inserviente: "Lei è quella vegetariana? Come primo c'è la pasta. Come secondo le posso dare le seppioline in umido"
io: "Le seppioline non le mangio, sono vegetariana"
inserviente: "Ah, non le mangia? Ma è pesce!"
io: "Appunto, i vegetariani non mangiano pesce..."
inserviente: "Di solito le nostre pazienti vegetariane il pesce lo mangiano. Allora non so proprio... ah, no, ecco, dalla cucina mi hanno mandato questo vassoio con i legumi apposta per lei!"
io "..."
La prima memorabile volta che il frugoletto, appena tolto il pannolino, pulito, asciugato... fa la pipì a spruzzo addosso a chi lo sta cambiando...
Dopo il parto, a casa
Le tre regole fondamentali per la nanna che dà l'ospedale sono:
- il neonato deve dormire a pancia in su
- non nel letto dei genitori
- ad una temperatura di non oltre 20°, quindi solo con un lenzuolino, niente coperte pesanti.
La prima notte mi addormento allattando. Mi risveglio e Valerio è sotto le coperte, a pancia in giù, nel centro del lettone. Cominciamo benissimo!!!
Il babbo che, tornando dall'unica farmacia aperta il sabato all'una di notte, commenta: "Sembra incredibile, ma mentre io andavo in farmacia, c'era gente che usciva per la serata!"
La prima memorabile volta che il frugoletto, appena pulito, asciugato, con già il pannolino pulito sotto il culetto... fa la cacca... allagando il bagno... (come fa a farne così tanta? Dove la tiene???)
La prima doccia al ritorno dall'ospedale. O meglio, TRE GIORNI dopo il ritorno dall'ospedale. Prima sembravo il gobbo di notre dame e non stavo abbastanza dritta da entrare nel box doccia...
Guardare in basso e vedere un seno taglia 4 al posto dei due brufoli che avevo prima.
La prima volta che ho rimesso la mia gonna preferita (che in qualche modo avevo cercato di mettere anche durante la gravidanza, ma non nell'ultimo mese) sentendomi finalmente donna e non più convalescente.
Il primo "vestitino per uscire" di Valerio. Che, mi fa notare il babbo, è un pigiamino come tutti gli altri. "Nooo! E' molto più bello!!" (solo perché è blu notte anziché bianco/azzurrino/panna...)
venerdì 2 marzo 2012
Di cicogne, cavoli e roseti
"Robino" ha deciso che era arrivato il momento di uscire ad esporare il mondo la sera di domenica 19 febbraio, proprio mentre io e il babbo stavamo per andare a cena da amici. Considerando che alla cena sarebbero stati presenti tre infermieri, tre medici, una specializzanda in pediatria e una psicologa dell'età evolutiva, abbiamo messo da parte ogni preoccupazione e siamo usciti lo stesso.
Il travaglio vero e proprio è cominciato il giorno successivo verso le 10 e alle 18 è nato Valerio, un elefantino di 4,066 kg.
Come degente vegana posso dire che l'esperienza ospedaliera (Ospedale Santa Maria Annunziata di Ponte a Niccheri) è stata decisamente superiore ad ogni mia aspettativa. La sera il babbo ha comunicato alle infermiere che al letto 7 la nuova arrivata era vegetariana (dopo aver appena partorito non avevo voglia di litigare e vegetariano è "normale", pensavo avrei dovuto al massimo scartare il formaggio o la frittata). La mattina dopo arriva un'infermiera che mi spiega che per i pasti di quel giorno non posso scegliere, ma che ha fatto sapere in cucina la mia richiesta; invece posso scegliere per i pasti del giorno successivo e... incredibile... è contemplata la possibilità di avere un menu vegano.
Un vassoio ricolmo di piatti tutti vegani mi arriva anche quel giorno - incredibile ma vero! - e dopo aver dovuto discutere solo 5 minuti con l'inserviente convinta che il menu vegetariano fosse quello con le seppioline ("No, guardi, non le mangio le seppioline... l'avevo detto che sono vegetariana" "Strano, di solito le nostre pazienti vegetariane il pesce lo mangiano" "...") ma che poi, cercando bene, finalmente trova il MIO vassoio con pastasciutta, lenticchie e carote... gnammi!
Dopo due giorni in ospedale siamo stati dimessi e lì è iniziato il travaglio vero e proprio. Sì, perchè tutti parlano dei dolori del parto (che non nego ci siano, ma l'overdose di ormoni rende tutto più sopportabile) e nessuno mette in guardia sul dopo. Anche Eva, cacciata dal paradiso, non ha letto le scritte in piccolo al fondo del contratto. Accanto al "partorirai con dolore", scritto in bella evidenza tanto che ce lo ricordiamo ancora oggi, di sicuro c'era un asterisco: "ma sappi che il peggio verrà dopo". Insomma, tra dolori per i punti, impossibilià a stare seduta (ma anche, nei primi giorni, sdraiata sul fianco sinistro), montata lattea con febbre che è arrivata a 39.7 e altri dettagli che tralascio per pudore, direi che non mi sono fatta mancare nulla.
Nel frattempo Valerio mangia con la disperazione di chi ha già deciso che da grande farà il lottatore di sumo. Secondo tutti gli amici e i parenti che si sono espressi è indiscutibilmente identico al babbo, ma con il naso della mamma (c'è chi s'è spinto a commentare "per fortuna")
Nei prossimi giorni seguiremo il consiglio di un'amica che sostiene che il cordone ombelicale che si è ormai staccato debba essere seppellito sotto un roseto, perché così - vuole la tradizione - Valerio diventerà un tenore. Abbiamo poi scoperto che anche la madre di Gianna Nannini aveva seguito questa pratica stregonesca e quindi ci siamo convinti a farlo anche noi (e io preferirei un figlio cantante rock piuttosto che un tenore, ma deciderà lui)
Pensandoci bene, forse Valerio non vuole diventare un lottatore di sumo... ma non potendo ancora lavorare sulla voce (per il momento da soprano) cerca di raggiungere almeno nella stazza il suo futuro idolo: Pavarotti!
Il travaglio vero e proprio è cominciato il giorno successivo verso le 10 e alle 18 è nato Valerio, un elefantino di 4,066 kg.
Come degente vegana posso dire che l'esperienza ospedaliera (Ospedale Santa Maria Annunziata di Ponte a Niccheri) è stata decisamente superiore ad ogni mia aspettativa. La sera il babbo ha comunicato alle infermiere che al letto 7 la nuova arrivata era vegetariana (dopo aver appena partorito non avevo voglia di litigare e vegetariano è "normale", pensavo avrei dovuto al massimo scartare il formaggio o la frittata). La mattina dopo arriva un'infermiera che mi spiega che per i pasti di quel giorno non posso scegliere, ma che ha fatto sapere in cucina la mia richiesta; invece posso scegliere per i pasti del giorno successivo e... incredibile... è contemplata la possibilità di avere un menu vegano.
Un vassoio ricolmo di piatti tutti vegani mi arriva anche quel giorno - incredibile ma vero! - e dopo aver dovuto discutere solo 5 minuti con l'inserviente convinta che il menu vegetariano fosse quello con le seppioline ("No, guardi, non le mangio le seppioline... l'avevo detto che sono vegetariana" "Strano, di solito le nostre pazienti vegetariane il pesce lo mangiano" "...") ma che poi, cercando bene, finalmente trova il MIO vassoio con pastasciutta, lenticchie e carote... gnammi!
Dopo due giorni in ospedale siamo stati dimessi e lì è iniziato il travaglio vero e proprio. Sì, perchè tutti parlano dei dolori del parto (che non nego ci siano, ma l'overdose di ormoni rende tutto più sopportabile) e nessuno mette in guardia sul dopo. Anche Eva, cacciata dal paradiso, non ha letto le scritte in piccolo al fondo del contratto. Accanto al "partorirai con dolore", scritto in bella evidenza tanto che ce lo ricordiamo ancora oggi, di sicuro c'era un asterisco: "ma sappi che il peggio verrà dopo". Insomma, tra dolori per i punti, impossibilià a stare seduta (ma anche, nei primi giorni, sdraiata sul fianco sinistro), montata lattea con febbre che è arrivata a 39.7 e altri dettagli che tralascio per pudore, direi che non mi sono fatta mancare nulla.
Nel frattempo Valerio mangia con la disperazione di chi ha già deciso che da grande farà il lottatore di sumo. Secondo tutti gli amici e i parenti che si sono espressi è indiscutibilmente identico al babbo, ma con il naso della mamma (c'è chi s'è spinto a commentare "per fortuna")
Nei prossimi giorni seguiremo il consiglio di un'amica che sostiene che il cordone ombelicale che si è ormai staccato debba essere seppellito sotto un roseto, perché così - vuole la tradizione - Valerio diventerà un tenore. Abbiamo poi scoperto che anche la madre di Gianna Nannini aveva seguito questa pratica stregonesca e quindi ci siamo convinti a farlo anche noi (e io preferirei un figlio cantante rock piuttosto che un tenore, ma deciderà lui)
Pensandoci bene, forse Valerio non vuole diventare un lottatore di sumo... ma non potendo ancora lavorare sulla voce (per il momento da soprano) cerca di raggiungere almeno nella stazza il suo futuro idolo: Pavarotti!
martedì 14 febbraio 2012
San Valentino? San Remo? Piuttosto vorrei un San Simone!
Nonostante il bannerino dica che "Robino" dovrebbe già essere fuori, in realtà siamo ancora tutti in attesa, con più o meno ansia. Il nonno ligure mi chiama ogni sera chiedendo almeno tre volte se ci sono novità, se sento male, se va tutto bene. "Ma stai proprio bene bene bene?". Credo che abbia paura di non essere informato della nascita del nipote. La zia che sta in Spagna tenta disperatamente ogni giorno di chiamarci su Skype, scontrandosi con un diverso "fuso orario" tra le nostre vite: quando per lei è l'ora dell'uscita dal lavoro, per noi è l'ora di cena; quando sta per uscire per la serata, noi siamo già pronti per il letto. Gli amici intanto invadono di messaggi la bacheca di Facebook e il cellulare. "Allora, è nato?" Ma la risposta è invariabilmente la stessa: no.
L'ostetrica del corso l'aveva detto: se una mamma è del tipo "precisino", che arriva sempre puntuale agli appuntamenti o meglio un po' in anticipo, che a febbraio prepara già le valigie per le vacanze estive, che ha tutto sotto controllo... il bimbo tende a nascere in anticipo. Se al contrario la mamma è del tipo "tutto all'ultimo minuto" e arriva tardi agli appuntamenti, il bimbo tenderà ad arrivare con calma. Io? Solitamente esco di casa correndo, non prima dell'ora a cui dovrei già essere ad un appuntamento, allacciandomi le scarpe in ascensore e mettendomi il cappotto nell'androne.
Per di più, c'è la questione freddo. Qui è l'unico posto d'italia dove non nevica, non fa freddo e sembra quasi primavera. Però io sono una freddolosa cronica, freddolosa per davvero. Se a luglio esco la sera, una felpa me la porto dietro "perché non si sa mai". I guanti sono in tasca fino alla primavera inoltrata e gli anfibi non mi abbandonano nemmeno d'estate, al massimo sostituisco i calzettoni di pile con quelli di cotone. Uscire dalla doccia è un'impresa, sempre a dire "ancora 1 minuto e... no, non posso, fa troppo freddo fuori!".
Date queste premesse, capisco bene che per "Robino" sia un trauma l'idea di uscire. Entro la fine della prossima settimana però dovrà decidersi a farlo, se non spontaneamente, in ospedale troveranno un modo per convincerlo. Un po' come quando qualcuno apre l'acqua calda in cucina: un ottimo modo per farmi saltare fuori dalla doccia in 2 secondi netti.
Ah, il titolo del post? Senza spiegazioni solo i torinesi possono capirlo... Il San Simone è un liquore di un'azienda torinese, la "Amaro San Simone", che lo produce seguendo una ricetta medicamentosa dei monaci di una confraternita del 16° secolo.
Dopo mesi di astinenza (che continueranno, purtroppo, durante l'allattamento) posso sbilanciarmi confessando che è sicuramente il santo che preferisco!
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